Quando la scrittura ha una funzione catartica

Marisa Saccon intervista Giovanna Fumagalli 04/07/2020

Oggi sono davvero contenta di intervistare Giovanna Fumagalli Biollo , una grande amica che ho conosciuto sedici anni fa in un forum di mamme allattone. Giovanna scriveva dei post assolutamente meravigliosi che sapevano attirare l’attenzione e incantare. È stato amore a prima vista.

Da allora, Giovanna di strada ne ha fatta. Non scrive solo nei forum. La sua immensa dolcezza che è anche la sua forza, si riflette nella sua scrittura che, per lei (e si capisce), è davvero catartica.

Così come per Giovanna, anche per molti di noi la scrittura è terapeutica, ci aiuta nel nostro percorso di consapevolizzazione. A volte raccontare gli eventi che ci hanno segnato, ci aiuta a comprenderli meglio e a metabolizzarli.

È questa la funzione catartica della scrittura raccontata da una splendida autrice come Giovanna Fumagalli Biollo.

Giovanna Fumagalli nasce 54 anni fa in uno spettacolare verdissimo angolo della Brianza, e lì decide di viverci per sempre, prima con la sua famiglia d’origine e poi con il marito e i loro tre splendidi figli.

Nella sua prima vita ha lavorato come agente di viaggio, nella seconda, per scelta, si è cimentata nel faticoso mestiere di mamma e infine, nella terza parte, complici il sostegno e l’incoraggiamento di Davide, suo marito, con il quale ha seguito per oltre vent’anni giovani coppie nel loro percorso di crescita, ha intrapreso un percorso di studi che l’ha portato a diventare una counsellor, professione meravigliosa che svolge tutt’ora con soddisfazione.

Giovanna, in tutto questo, che ruolo ha avuto la scrittura nella tua vita?

Sempre, come un fil rouge che ha fatto da sfondo a tanta strada percorsa, la scrittura mi ha tenuto costantemente compagnia. Io dico sempre che scrivo da quando ho imparato a scrivere. In principio scrivevo per me stessa, e qualche volta concedevo di leggermi alle persone più care. E’ stato soltanto nel 2003 che, per la prima volta, ho deciso di partecipare a un concorso letterario. Mi sono classificata terza ed è stato a partire da quel momento, che ho cominciato a credere che a qualcuno facesse davvero piacere leggere i miei scritti. Non mi sono più fermata.

Quindi quella è stata la partenza. Qual è stato il momento che ha fatto da spartiacque dallo scrivere per te stessa o solo per pochi, a scrivere per pubblicare?

Fino a quel momento, avevo raccolto tante soddisfazioni. Poi nel 2006, complice la mia amica Marisa, ho iniziato a collaborare con il settimanale Confidenze scrivendo storie che raccontano testimonianze di vita che noi collaboratori raccogliamo per la redazione.

Le testimonianze di vita che hai pubblicato su Confidenze sono caratterizzate da una scrittura emozionante e dolce, dal tuo modo di raccontare gli eventi che incanta il lettore e lo tiene ancorato alla lettura fino alla fine. Che cosa è successo poi?

Quando mi sono resa conto che la scrittura stava diventando un potentissimo strumento di comunicazione, ho sentito il bisogno di perfezionarmi frequentando due corsi di scrittura creativa che ancora oggi ricordo come esperienze preziose perché mi hanno decisamente aiutato a migliorare tecnica, stile e contenuti dei miei scritti.

Puoi raccontarci qualcosa di più di questi corsi di scrittura creativa? Li consiglieresti a chi ama scrivere?

Comincio da una frase che ho raccolto proprio durante uno dei laboratori che ho frequentato. Dice così “narrare vuol dire raccontare storie, ma fare solamente questo non è abbastanza per essere uno scrittore. Soltanto una storia non basta per creare un racconto. Infatti la storia è un semplice susseguirsi di avvenimenti, una qualsiasi vicenda che per qualche motivo appare significativa allo scrittore che sente l’urgenza di raccontarla; il racconto è invece cosa molto più elaborata. Il racconto è la forma che lo scrittore ha dato a quella serie di fatti. È la bravura di chi scrive che permette al lettore di vivere ciò che sta leggendo. La differenza tra storia e racconto è la stessa che passa tra un bel pezzo di legno grezzo e un mobile finemente cesellato da un mastro falegname”. Se ho una storia da raccontare, se ho un bellissimo pezzo di legno grezzo dentro di me, ma non possiedo gli strumenti per farne un mobile meraviglioso, è davvero un peccato, perché significa che nessuno potrà mai godere della mia storia. Questo ha significato per me frequentare laboratori di scrittura, mettermi in gioco, imparare, confrontarsi, ma soprattutto trovare il coraggio di accettare le critiche, i consigli, i suggerimenti per arrivare meglio al lettore.

Davvero una bella esperienza. Poi, strada facendo ti sei dedicata ad altri progetti ma è solo grazie alla tua capacità di comunicare, che hai pubblicato dei libri inerenti all’attività di counsellor che hai svolto con Davide, tuo marito. Ci racconti un po’ di queste pubblicazioni?

Volentieri.

Nel 2010 ho pubblicato con Il Seminatore, il mio primo libro 100 Giorni Con Lo Spirito,

Nel 2013 ho scritto a quattro mani con mio marito Imparare a viverti accanto – I primi passi del matrimonio dedicato alle giovani coppie di sposi, pubblicato da Effatà.

E sempre con questa casa editrice alla fine di Luglio 2020, uscirà la nostra ultima fatica “Scoprirsi genitori – Rinnovare la coppia all’arrivo di un figlio”.

Ma è stato soprattutto durante il percorso di studi intrapreso per diventare counsellor sistemico relazionale che ho finalmente capito quale fosse il mio posto nel mondo. Avere come obiettivo il miglioramento della qualità di vita delle persone, sostenere i loro punti di forza, offrire uno spazio di ascolto e di riflessione, è qualcosa che ho sempre desiderato fare.

E ancora una volta, la scrittura ti ha aiutato in questo tuo progetto di vita…

E ancora una volta la scrittura mi ha offerto l’occasione per realizzare questo desiderio. Finalmente ad Aprile 2020 ho aperto un blog.

Il tuo blog ha un nome molto accogliente: Comodamente sedute. Che cosa ci racconti di questo spazio che hai aperto nel web?

Comodamente sedute è un angolo confortevole dove potersi raccontare, uno spazio creato appositamente per sole donne dove nessuna parola cadrà nel vuoto.

Dico finalmente perché ho capito dopo tanto tempo, quale fosse il bisogno che inseguivo da tutta la vita: scrivere per dare voce ai miei pensieri, alle mie emozioni, alle mie storie e offrire a chi mi legge l’opportunità di rispecchiarsi in esse, per decidere a loro volta di raccontarsi e di scoprire il loro valore. E come se avessi sempre ricercato questa dimensione nella scrittura e finalmente l’avessi trovata.

Quindi la scrittura per te ha rappresentato un mezzo per trovare la tua vera dimensione e per realizzare la tua natura e i tuoi progetti. Un’ultima domanda, Giò. Cosa pensi della scrittura catartica? In che modo per te lo è stata? In che modo ha aiutato Giovanna Fumagalli?

La scrittura catartica intesa come il racconto di eventi, emozioni, storie personali anche difficili, mi ha aiutato spesso a non accumulare disagio o stati d’animo dolorosi, permettendomi di analizzare a fondo i miei vissuti, di comprendere meglio l’effetto e l’intensità di ciò che mi stava accadendo.

È un modo di esprimersi che serve a rielaborare esperienze difficili, a cercare di trovarne un significato. E’ terapeutico e liberante. Dopo aver messo per iscritto un’emozione, mi pare di poterla lasciare andare, perché le ho concesso il tempo che meritava. Personalmente lo considero l’unico canale possibile per trovare un senso alla fatica del vivere quotidiano.

Mi piacerebbe che questa chiacchierata continuasse ancora ma il nostro tempo è scaduto.

Stamattina ho letto alcuni post nel blog di Giovanna e penso che chi sa emozionarsi mentre scrive, emoziona anche gli altri.

La scrittura di Giovanna è senza dubbio una scrittura affabulatoria che incanta, una scrittura che riesce a raccontare con dolcezza e un pizzico di magia, gli eventi della vita, anche quelli più tragici, come se fossero favole.

E si sa, a volte le favole sono agrodolci e hanno epiloghi tristi, ma portano con sé una morale, danno un senso anche ai fatti più incomprensibili.

Non è sempre necessario che le favole abbiano il lieto fine. Anche se, più spesso di quanto pensiamo, abbiamo bisogno di credere al Principe Azzurro, a Babbo Natale e alle streghe.

E lo scrittore che sa ammaliare, ci apre le porte incantate verso queste dimensioni, consentendoci, di tanto in tanto, di sognare, di credere, di sperare.

La scrittura catartica è salvifica e si trasforma, spesso e volentieri, in una lettura catartica.

Una lettura di cui abbiamo bisogno, una lettura che sappia distrarci, rassicurarci, farci sognare. Che sappia raccontarci di sentimenti ed emozioni in cui possiamo rispecchiarci (e questo ci fa sentire meno soli), e che ci parli di eroi in cui possiamo identificarci.

Fosse solo per un giorno. Fosse solo per un’ora. Potrebbe bastarci.