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Tre giorni a Budapest ovvero ascoltare le buone ispirazioni

Se c’è una lezione che ho imparato dal mio amato parroco dell’infanzia don Natale Beretta, e che non ho mai dimenticato, è che bisogna sempre ascoltare le buone ispirazioni.

Il termine ispirazione significa letteralmente “respirare su”, e i greci credevano che le persone ispirate, venissero in contatto con i pensieri di Dio.

“Illuminazione divina che apre la mente dell’uomo alla verità e lo guida a ben operare”. 

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Che vergogna!

Che non ami particolarmente occuparmi delle pulizie di casa non è mai stato un mistero.😥😥

Ma oggi, quando mi sono accorta che il mio freezer faticava a chiudersi talmente spesso era lo strato di ghiaccio che si era formato al suo interno, dico la verità, mi sono vergognata.😳😳

Mi è sembrato di sentire su di me lo sguardo di disapprovazione della mia mamma e in men che non si dica, mi sono rimboccata le maniche e l’ho ripulito per bene.

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I colori delle emozioni

Esattamente un anno fa in occasione del carnevale, ma non solo, avevo pubblicato questo articolo


https://comodamentesedute.com/2022/03/06/tutti-i-colori-del-mondo/

per raccontare alla fine una semplice verità.

Nonostante tutto, i colori continueranno a far parte della nostra storia, nonostante i duri colpi che non ci vengono risparmiati, e l’immensa fatica di tirarci in piedi ogni volta, tenderemo sempre verso di essi perché sono la nostra energia e la nostra forza”.

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Nascere non basta

Ieri mattina sono passata a salutare mia suocera e la sua badante come faccio ogni settimana e appena ho varcato il cancello e sono entrata in giardino il suo profumo mi ha assalita deciso, diretto, avvolgente,lasciandomi quasi stordita talmente era intenso.

Sto parlando di una pianta dal nome lungo e complicato ma che certamente conoscete:  Edgeworthia chrysantha, che si chiama così semplicemente perché ha preso il nome dal suo classificatore, il signor Michael Pakenham Edgeworth.

Pensate che, io non lo sapevo, in Italia questa pianta viene chiamata “bastone di san Giuseppe”, probabilmente perché fiorisce in questo periodo, molto vicino alla festa di san Giuseppe che si celebra il 19 marzo. 

Viene chiamata anche pianta dei nodi perché i suoi rami sono talmente flessibili che è possibile piegarli fino ad annodarli senza recarle alcun danno.

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A.A.A. incoraggiatori cercasi

L’altra sera ho aperto il frigorifero alla ricerca di un’idea per la cena e l’ho visto lì, dimenticato, solitario, in paziente attesa.
Sto parlando di una verdura che a casa mia non è mai stata tanto gradita, ma che d’inverno, di tanto in tanto, non mi dispiace acquistare: il porro.
Il problema è decidere come cucinarlo.

Fortunatamente avevo anche della scamorza affumicata e una confezione di pasta sfoglia e così mi sono cimentata in una torta salata che vi dico la verità è venuta veramente buona e per questo non voglio perdere altro tempo e vi giro subito la ricetta.

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Punti di vista

Ho appena terminato di leggere un libro autobiografico che mi è piaciuto moltissimo dal titolo NON CI AVRETE MAI (grazie Irene 🥰) 

che narra la storia di una giovane donna di origini marocchine Chaimaa Fatihi, vissuta in Marocco fino all’età di sei anni e poi trasferitasi in Italia con la sua famiglia dove ha ottenuto dopo diversi anni la cittadinanza italiana.

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Venditti & De Gregori in tour: la musica è come l’amore

Qualche volta succede.

Che accadono cose che non ti aspetti e delle quali pensi di non avere bisogno.

Succede che se lasciamo fare alle persone che ci vogliono bene, loro trovano il modo di renderci felici con regali inaspettati. Ma incredibilmente graditi.

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L’amica del cuore

Amiche care, proprio una settimana fa come oggi, si celebrava in tutto il mondo la Giornata mondiale degli abbracci di cui ho raccontato proprio lo scorso anno in questo articolo https://comodamentesedute.com/2022/01/23/un-abbraccio-consolante/ che se volete potete tornare a rileggere.

E a proposito di abbracci e di articoli già scritti, ve ne voglio riproporre un altro dedicato all’amicizia, perché oggi dopo tanto tempo sono finalmente riuscita a trascorrere un intero pomeriggio con Katia la mia amica del cuore da sempre.

Sono sicura che se anche voi avete un’amica del cuore, potete immaginare quanto sia stato prezioso il tempo che ci siamo dedicate e come sia volato!

Ed è talmente volato che non ho fatto in tempo a scrivere l’articolo settimanale per il mio blog!

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Procrastinare…rimandare a data da destinarsi

Buongiorno amiche mi vergogno un po’ a dirvi che nella mia dispensa c’era ancora un presepe di cioccolato al latte che mi è stato regalato in occasione del Natale.

Ogni volta che mi capitava di aprire e guardarci dentro, lui era lì, in paziente attesa, a domandarsi cosa aspettassimo a consumarlo.

Ma ora che anche Samuele  non abita più con noi, capite che per me e Susanna è veramente impensabile divorarsi 280 grammi di cioccolato.

Prima o poi ci farò qualcosa, mi ripetevo ogni volta.

Poi per curiosità un giorno ho controllato la data di scadenza e mi sono accorta che mancava pochissimo! 😱😱

Così mi sono finalmente decisa e questa settimana ho preparato una torta al cioccolato e ricotta buonissima di cui naturalmente vi giro subito la ricetta.

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P come parola, P come potenza

Questa settimana sono stata costretta mio malgrado a salutare due donne speciali.

Le persone che vedete accanto a me in questa foto si chiamano Anzhelika e Anton, sono rispettivamente figlia e nipote della cara Raissa, la badante che accudisce mia suocera da diversi anni.

Loro vivevano in Ucraina, Anzhelika  aveva un lavoro, Anton aveva appena terminato gli studi a Varsavia e si era da poco laureato. Era tornato a casa per cercare un lavoro e stare vicino a sua madre, che il papà l’ha perso quando era ancora piccolo.

Sembra una storia familiare simile alle nostre, con la differenza che quasi un anno fa, a questa famiglia come a tante altre, la guerra ha spazzato via tutto in un momento: casa, lavoro, sogni, speranze, futuro, lasciando in cambio soltanto paura e disperazione.

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Il cammino di Carlo Magno: che fantastica storia è la vita

Non so se capita anche voi, ma qualche volta io prendo e scappo.

Anche se poi torno.

Perché la verità è che nonostante sia innamorata della mia vita quotidiana, ogni tanto sento l’urgenza di allontanarmi da essa, dalla fatica e dall’assiduità che mi richiede certi giorni stare dentro ruoli belli ma impegnativi.

Mi allontano quel tanto che basta, fino a quando il desiderio di fare ritorno mi solletica il cuore. Torno e riprendo da dove ho lasciato, con rinnovato entusiasmo.

La modalità che scelgo per andare è quella del cammino, non so perché, esistono molti modi per mettersi in viaggio, forse più comodi, più confortevoli, più sicuri, ma ciò che provo quando metto un piede davanti all’altro affidando la mia sicurezza a due bastoncini da trekking, quando sento il peso dello zaino sulle spalle, quando in salita il fiato si fa corto, quando capisco che posso fare solo affidamento su me stessa e sulle mie forze per arrivare alla meta, è qualcosa di inestimabile valore.

Lo faccio per non dimenticare che sono ancora viva e per questo immensamente grata.

Questa volta mi sono cimentata con le prime quattro tappe del https://www.camminodicarlomagno.it/

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Arrivederci al prossimo anno

Si concludeva sempre con questa frase il video che mio fratello Maurizio preparava ogni anno in occasione del raduno parenti che avveniva la sera della vigilia di Natale.

Era un momento meraviglioso, perché in pochi minuti tutti insieme riavvolgevamo in qualche modo la pellicola del nostro ultimo anno trascorso e ce lo gustavamo come un film a lieto fine.

Ricordo di aver pensato spesso a quanto ero stata fortunata, alla vita splendida e ricca di amore che avevo ricevuto in dono e quello per me era il più grande dei regali.

Poi è mancata la mia mamma, e dopo qualche anno il mio papà e infine mio marito, e il desiderio di ripensare all’anno trascorso si è fatto via via meno impellente.

Il dolore qualche volta offusca il desiderio di guardare al passato e di andare avanti verso il futuro, di ricominciare a progettare, a sperare, a sognare e tutto questo rende difficile il vivere, per noi, ma soprattutto per chi ci vuole bene, perché fatica a trovare la maniera giusta di restarci vicino.

Per questo voglio chiudere quest’anno raccontandovi una lezione importante che ho imparato e cioè che dal dolore possiamo davvero risollevarci e trovare un buon modo per andare avanti che non è sopravvivere, ma continuare a vivere intensamente.

Perché questo accada però dobbiamo permettere a chi ci sta accanto di continuare a esserci con costanza e affetto, ma soprattutto dobbiamo coltivare nel nostro cuore il desiderio e l’impegno di ricominciare, facendo della nostra vita qualcosa di meraviglioso, nonostante tutto.

Perciò arrivederci al prossimo anno amiche care, con l’augurio che possiate riempirlo di progetti, incontri e occasioni di essere felici.

Io sto progettando un cammino di inverno, è un’impresa a cui tengo molto che naturalmente non mancherò di raccontarvi al mio ritorno.

E voi? A cosa state pensando per il futuro?

Vi lascio con una bellissima storia natalizia che ha proprio il sapore della speranza, parola a me molto cara.

IL PRIMO NATALE DELLA TUA VITA

Pubblicato su Confidenze n. 1 Gennaio 2022

Lo guardo e mi perdo dentro un mare di amore che non finisco mai di domandarmi da dove provenga.

Il giorno prima sei una persona qualunque, con una vita apparentemente completa e realizzata, con un uomo che hai scelto di amare e credi che ti basterà per tutta la vita, un buon lavoro e una vita sociale appagante.

Poi una mattina un test di gravidanza racconta una storia nuova, scritta a quattro mani, una storia che non avremmo mai creduto si potesse avverare.

Io e Simone stiamo insieme da una vita, prima fidanzati e poi conviventi e fino a qualche mese fa a un figlio non pensavamo proprio.

Poi il giorno in cui ho compiuto 34 anni, è accaduto qualcosa dentro di me, come la consapevolezza di un orologio interno che instancabilmente e inesorabilmente muoveva le su lancette in avanti, senza fermarsi mai.

Ho pensato che a questa età mia madre aveva già avuto me e altri due fratelli al seguito e che sì, ero giovane, e sana, e avevo un uomo che mi amava, ma che non sarebbe durata per sempre.

“Cosa ne pensi di un figlio?”

Avevo chiesto a Simone.

“Un figlio? Ci sto pensando da tanto ma non osavo parlartene, volevo che venisse da te. Insomma sei tu che devi metterti in gioco più di me…”

E’ stato in quel momento lì che ho capito che sarebbe stato un peccato non provare. Il problema è che ci ha messo un po’ ad arrivare, parliamo di mesi per carità, ma sono sembrati eterni, ogni ciclo mestruale era una profonda delusione, un fallimento, una fatica da accettare.

Simone mi consolava, cercava di sdrammatizzare dicendomi che lui e io apparteniamo a una generazione abituata ad ottenere tutto ciò che desidera, con fatica e con impegno, per carità, ma alla fine si arriva sempre all’obiettivo. Invece stavolta è diverso, possiamo metterci del nostro, ma poi, un bambino arriva quando è lui a deciderlo.

E poi tre mesi fa è arrivato Lorenzo, dopo una gravidanza non facile che mi ha costretta a riposo per molti mesi .

Aspettare un figlio è un’esperienza indescrivibile, sai che dentro di te sta crescendo una nuova creatura, non la senti subito, è grande come una noce eppure ti pare di conoscerla da sempre, te la immagini, ci parli, carezzi la pancia pensando  di carezzare il suo viso, insomma ti innamori a poco a poco e quando finalmente lo incontri, hai paura che ti scoppi il cuore dall’emozione perché capisci che non ci sarà mai più nessuno che potrai amare così profondamente.

Ho vissuto in simbiosi con lui questi primi due mesi, con la scusa dell’allattamento non c’era mai l’occasione d lasciarlo e dico la verità, mi sono riscoperta gelosa di questo esserino che mi somiglia pure un po’.

Simone si è ritrovato dentro questo amore, ma per lui è diverso, ha ripreso subito il lavoro, fa la spesa, gioca a pallone.

Io invece ho messo la mia via in stand by e mi sembra quasi di stare dentro un altro lockdown, solo che stavolta, ci sto da Dio.

Ho paura che qualcuno mi svegli da un giorno all’altro dicendomi che in verità è stato tutto un sogno e non ho nessun bambino e sono di nuovo alle prese con un test di gravidanza.

Anche stamattina mia mamma è arrivata chiedendomi se volessi uscire, andare dal parrucchiere, ma il pensiero di allontanarmi da Lorenzo mi provoca un senso di panico che non avevo mai provato prima.

Mi vergogno a dirlo, ma non l’ho mai dato in braccio a nessuno, a parte Simone.

Poi stasera a cena è arrivato il  colpo al cuore che sentivo nell’aria da qualche tempo ma che mi rifiutavo di accettare.

“Sofi  tra poche settimane è Natale, cosa facciamo? Andiamo dai miei o dai tuoi? E’ ora che Lori faccia il suo debutto in società non credi?”

Ossignore.

La mia famiglia sta tutta in una mano, ma quella di Simone è una vera e propria tribù, tra fratelli, sorelle, zie e cugini sono sicuramente più di venti e a Natale si ritrovano tutti, ma proprio tutti insieme a casa dei nonni.

A parte il fatto che non voglio nemmeno pensare alle conseguenze del Covid, anche se so che sono tutti vaccinati, ma il pensiero di portare Lorenzo in quel ambiente sovraffollato mi fa male al cuore lo giuro.

“Non potremmo trascorrerlo qui a casa noi da soli tranquillamente? In fondo è il nostro primo Natale con Lori, che bisogno c’è di portarlo in mezzo a tanta gente? Non è nemmeno abituato, poveretto chissà che trauma.” dico rabbrividendo.

“Sofi non è abituato perché non gli abbiamo ancora concesso la possibilità di farlo,  anch’io sono geloso di nostro figlio, ma non credi che prima o poi dovrà cominciare a capire che al mondo non ci sono solo mamma e papà? E poi dai stiamo parlando di una visita, mica ci fermiamo tutto il giorno, però pensa al bisnonno che non l’ha ancora conosciuto”.

Lo so, so benissimo che non è normale il mio atteggiamento e da giorni continuo a ripetermelo, però più me lo ripeto più mi convinco che non c’è tutta questa fretta, insomma anche se aspettiamo ancora qualche mese non sarà mica la fine del mondo no?

Però i giorni volano via veloci e il giorno di Natale è arrivato.

Abbiamo deciso di pranzare da mia mamma e poi nel pomeriggio di raggiungere la famigliona almeno per un saluto. Ho mille dubbi, non so se allattarlo prima, dopo o durante, non so se lasciarlo dormire o svegliarlo, se cambiarlo subito o aspettare.

Fortuna che c’è un bel sole e loro non abitano distanti, così decidiamo di arrivarci a piedi e prendere un po’ di aria fresca. Mentre passeggiamo, guardo questa piccola perfetta famiglia che abbiamo costruito e ne vado così fiera che quasi mi commuovo.

Non avrei mai creduto di poter camminare accanto a un uomo che mi ama così tanto, e spingere una passeggino con dentro il miracolo più grande che la vita ti possa regalare: un figlio.

Mentre camminiamo chiedo a Simone di raccontarmi un po’ della sua famiglia che ho visto davvero pochissime volte da quando stiamo insieme.

“Mi è rimasto solo un nonno, lo sai, mia nonna se l’è portata via il Covid lo scorso anno, è salita su un’ambulanza e nessuno di noi l’ha più vista. E’ la prima volta che i miei zii si ritrovano tutti insieme, perché ci sono stati tanti diverbi pesanti e c’è voluto del tempo per rimettere insieme la famiglia. Poi c’è mia cugina Anna che quest’anno è triste perché il suo fidanzato è lontano per lavoro, c’è mio zio Federico che ha perso il posto di lavoro ….insomma ognuno come tutti ha la sua pena nel cuore, ma è Natale e cerchiamo di sorridere nonostante tutto. La cosa più bella di quest’anno è stata proprio la nascita di Lorenzo, è come se avesse dato una nuova speranza a tutti quanti”.

Quando arriviamo c’è uno strano silenzio ad accoglierci, temevo un grande caos e invece li trovo tutti lì, ad aspettarci emozionati e silenziosi.

“Li ho messi tutti a tacere” dice mia suocera “così non facciamo subito una figuraccia”.

Ci salutano bisbigliando e si avvicinano a Lore uno alla volta quasi timorosi di toccarlo.

“Oddio che amore, è bellissimo” ognuno ha una parola, un complimento.

Io li guardo e mi sorprendo a pensare che quando dicono che la nascita di un bambino è un miracolo, forse intendono proprio questa cosa qui, che un bambino aggiusta le cose, porta serenità anche dove non ci sarebbe motivo per averne, aggiusta i conflitti, e fa dimenticare anche se solo per un istante, gli affanni della vita.

Hanno una grande responsabilità i bambini, ma sono sicura che non avranno nessun problema a gestirla.

Ecco il tuo primo Natale figlio mio, così piccolo e già così importante.

Mi tornano alla mente le parole di una bellissima poesia di Gibran, che amo tanto,

“I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di se stessa.
Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi.
E sebbene stiano con voi, non vi appartengono. Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati”.

Felice Natale figlio mio.

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Sposarsi (parte seconda) quando lo sposo è tuo figlio

Amiche care anche oggi arrivo tardi perché ieri è stata una
giornata talmente impegnativa, da aver bisogno di un momento per lasciare
sedimentare quanto è accaduto.

Dopo la parte prima di Sposarsi in cui vi ho raccontato del
matrimonio di mia nipote Alessandra con Pietro, ieri si è sposato mio
figlio Samuele, con la dolcissima Benedetta, l’amore della sua vita.

Cosa rimane il giorno dopo le nozze di un figlio?

Se chiudo gli occhi lo rivedo tra le mia braccia mentre mio marito ed io lo contempliamo nella sua assoluta perfezione, nella sua bellezza, nella sua profonda bontà, che lo ha contraddistinto ogni giorno della sua vita.

Vedo Benni, figlia di una delle mie amiche più care (e già potete immaginare come questo sia un grande dono per me), guardare Samuele con occhi così innamorati da credere che veramente a un certo punto, l’amore di una donna per un uomo possa superare quello di una madre per un figlio.

Quante presenze e quante assenze in questo giorno.

La presenza dei familiari, caldissima certezza che non conoscerà mai
tramonto e degli amici, bene prezioso, sostegno e presenza inossidabile nei
giorni a venire.

E l’assenza.

Dei nonni che tanto avrebbero desiderato fino al loro ultimo respiro di
poterci essere, perché non esiste niente di più toccante di due generazioni
così distanti che si sfiorano per un istante.

Di un papà fiero e di un marito commosso, che farebbe venire voglia di
gridare al mondo la rabbia per la mancata condivisione di questo giorno che
lascerà il segno per sempre.

Ma poi, più forte, più potente, più inarrestabile tra tutti i sentimenti, è
esplosa dentro il mio cuore una immensa, profonda gratitudine per il privilegio
di esserci stata in un giorno così, di essermi nutrita della gioia e dello
stupore di tutti coloro che erano presenti.

Un figlio che si sposa è in qualche modo un risposta a tante domande che
rimangono nell’aria, è una strada che qualcuno continuerà a percorrere al posto
tuo, è la sensazione, timida, nascosta, silenziosa, che in qualche modo tu e
io, amore mio, siamo riusciti a raccontare il senso di qualcosa che è davvero
infinitamente più grande di noi.

Siamo tutti parte di un mistero talmente impregnato di eternità e di
bellezza, che ne conosceremo il senso soltanto alla fine dei nostri giorni, ma
nel frattempo la felicità è qui, su questa terra, ed è nostro dovere
assaporarla anche per chi non è più accanto a noi, o perlomeno non lo è come
avremmo desiderato che lo fosse.

Vi lascio con questa bella preghiera e tante foto, perché possiate
immergervi anche voi per un attimo, nella nostra gioia, che vi giuro, è stata
davvero tanta.

Ci amiamo: ci siamo incontrati,
piaciuti, conosciuti, riconosciuti.

Abbiamo scoperto che qualcuno ci conosceva da sempre, il Dio di Gesù, e
ci amava di un amore libero e adulto. Dio ha inventato l’amore e ha un progetto
di bene sul mondo, su di noi.

Abbiamo deciso di aiutarlo a salvare il mondo, amandolo, amandoci.
Ci amiamo tanto da sposarci: insieme cercheremo il senso della vita,
camminando verso Dio, verso il Signore.

Ci siamo scelti come compagni di strada, cambieremo insieme, cresceremo
insieme, insieme prenderemo il Vangelo come metro di giudizio della nostra
vita.

Doneremo la vita, che abbiamo ricevuto come un dono, accogliendo dei
bambini e amandoli, come Dio li ama, con tutta la concretezza e la pazienza che
l’amore richiede.

Se il nostro amore si stancherà, ci sosterremo l’uno l’altro, amando e
donando tutti noi stessi, come Gesù ha fatto.

Sapremo perdonarci, diventando, per la comunità e il mondo, un segno
dell’amore che Dio ha per ogni uomo.

(Paolo Curtaz, da In coppia con Dio).

Buona domenica a ciascuno di voi, e se ne avete, riguardate la foto del
vostro matrimonio, aiuterà a togliere la polvere che si è accumulata
inevitabilmente negli anni e farà bene al vostro cuore.

 

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Un fascio di rose gialle

Pubblicato su Confidenze n. 52 Gennaio 2014

“Quanta neve sta venendo giù chi la fermerà…”

La canzone di Baglioni mi tiene compagnia in questa vigilia di Natale.

Sfioro il ventre e sorrido nonostante mi tornino alla mente momenti tristi. Fatico a ricordare, ma voglio affrontare i fantasmi del mio passato una volta per tutte, guardare avanti e ricominciare.

E’ trascorso un anno da quando sono scappata da Francesco, un anno della mia vita che mai più ritornerà.

Anche allora nevicava ma io avevo il cuore a pezzi, Dio quanto ho pianto quella notte, forse non avrò più lacrime per il resto della mia vita.  

Francesco è un musicista, l’avevo conosciuto ad un concerto: si dimostrò subito affascinante, premuroso, gentile, un po’ strano anche, ma di quella stranezza un po’ tipica dei musicisti che ti intriga e che vorresti assolutamente conoscere. Abbiamo cominciato ad uscire insieme, lui mi adulava, tanti complimenti, attenzioni galanti come non ne avevo mai ricevute prima, ci siamo innamorati da perderci e dopo sei mesi mi ha chiesto di sposarlo.

Lo so, una follia, ma quando ami vivi di follie e te ne vorresti nutrire per sempre:

ci amavamo, perché aspettare?

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Time-out

Il time-out è una sospensione del gioco che l’allenatore richiede quando capisce che i giocatori hanno bisogno di una pausa. Vengono date nuove disposizioni e poi il gioco riparte.

Mi è piaciuta questa espressione e oggi desidero farla mia, pensando al mio blog.

Un time-out si impone in questo momento della mia vita in cui faccio fatica a trovare il tempo, la concentrazione e le idee per scrivere.

Non voglio forzarmi ma non voglio abbandonare, quindi chiedo un time-out.

E per non lasciarvi senza la vostra occasione di mettervi comodamentesedute amiche mie, spero vi faccia piacere leggere qualche storia natalizia che avevo scritto per Confidenze.

Vi terrò compagnia per qualche settimana con l’augurio di accompagnarvi dentro la magia del Natale con la consueta serenità e il grande affetto che nutro per voi.

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Quella mal…sana pigrizia che ci prende

Inevitabilmente l’arrivo dell’inverno per me rappresenta una grande provocazione nei confronti della pigrizia.

Qualche volta penso che mi piacerebbe andare in letargo come la mia tartaruga, che per sei mesi non deve fare altro che dormire senza pensare più a niente.

Oppure mi capita di guardare i miei due gatti e provare un po’ di invidia, per la tranquillità e la calma con la quale affrontano le loro giornate, scandite da lunghi pisolini, brevi passeggiate e buon cibo.

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Coprimi le spalle

La pasta e fagioli è senza dubbio nella classifica top ten dei miei cibi preferiti.

E non soltanto per il suo sapore e la sua consistenza, ma anche e soprattutto perché è uno di quei piatti che mangiati in compagnia di qualcuno, nelle sere di inverno,  hanno il potere di riempire la pancia, ma soprattutto il cuore.

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Quell’adorabile eccezione che conferma la regola

Come in ogni famiglia che si rispetti, anche a casa nostra vigono delle regole più o meno ferree che hanno decisamente contribuito lungo gli anni a mantenere in equilibrio le relazioni tra i suoi componenti.

Abbiamo la regola che l’ultimo che rientra a casa la sera spegne la luce del soggiorno, che si viene a tavola al primo richiamo, che non si esce senza chiavi, fazzoletto e cellulare e così via.

Ma c’è sempre stata una regola che nessuno ha mai pensato di infrangere stabilita fin dai primi anni di matrimonio da me e mio marito, ed era quella di non guardare la tv durante l’ora di cena, perché avrebbe tolto tempo e spazio al dialogo e alla condivisione della giornata.

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Chi troppo studia m..eglio diventa

Quando frequentavo le scuole superiori e trascorrevo i miei pomeriggi in camera a studiare, ogni tanto la mia mamma se ne usciva con la famosa frase:

“Chi troppo studia matto diventa”.

In verità, pur essendo una citazione di Guido Gozzano, non l’ho mai condivisa.🤭🤭

Studiare mi è sempre piaciuto, mi piace l’idea di apprendere cose nuove, consapevole che prima o poi potrebbero tornare utili.

Questa settimana sono accaduti due eventi importanti che non hanno fatto altro che confermare il mio pensiero sul valore aggiunto che lo studio porta nella storia delle persone.

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Sposarsi (parte prima)

Amiche oggi arrivo tardi perché ieri è stata una giornata intensa di quelle che difficilmente la memoria potrà cancellare.

Si è sposata la mia adorata nipote Alessandra con quel ragazzo d’oro che è Pietro.

Come dare parola a così tante emozioni?

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Dentro una fotografia

Se c’è una cosa che mi mette enorme tristezza sono le fotografie rinchiuse dentro gli album.

Ho sempre ripetuto a mio marito che le foto sono fatte per essere esposte, perché passandoci davanti, ci venga offerta la possibilità di ridere, piangere, ricordare, e lasciare che tutti i sentimenti del mondo vengano a galla e ci facciano stare bene o male, ma vivi.

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Tornare sui propri passi

Ogni tanto sorprendo la mia terzogenita a riguardare la serie Tv “Una mamma per amica” nonostante l’abbia vista infinite volte.

Con la molteplicità di programmi TV che ci vengono proposti quotidianamente, mi sembra  quasi uno spreco di tempo riguardare quelli già visti.

Eppure ogni volta che glielo faccio notare lei mi risponde che guardare una serie TV come “Una mamma per amica” è confortante, come stare al caldo sotto un coperta quando arriva il primo freddo autunnale, non richiede troppo impegno, sai come va a finire e nessun colpo di scena arriva a turbare la tua serenità.

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Un caffè per ascoltare

La scorsa settimana ho riunito la famiglia per il pranzo (con relativi fidanzati e fidanzata😍)  e come dolce ho voluto stupirli provando a realizzare la ricetta della mousse di caffè di Benedetta Parodi che mi ha inviato la mia cara amica (nonché futura consuocera🥰🥰) Luisa.

Vi giro al volo la ricetta perché è talmente veloce da realizzare e il risultato così squisito che dovete assolutamente sperimentarla.

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La perseveranza delle donne

Non vedevo l’ora di scrivere il post di oggi.

Pregustavo la stanchezza che avrei sentito nelle gambe, nella schiena, nelle ossa per aver tanto camminato, e gioivo al solo pensiero della bellissima giornata che avrei trascorso in compagnia di donne splendide.

Non so se ricordate ma il 24 settembre era la data stabilita per il secondo raduno di comodamentesedute, già rimandato una volta a causa del maltempo.

E ieri, di nuovo, dopo un’estate di siccità, una giornata uggiosa intrisa di pioggia, ha rovinato i nostri progetti e le nostre aspettative.

Lo sconforto che assale quando un programma va in frantumi, l’abbiamo sperimentato un po’ tutte, credo, almeno una volta nella vita.

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Operazione “leggerezza”

In uno dei pomeriggi più caldi di questa estate, ho deciso di dare inizio all’ operazione “leggerezza” che da qualche tempo mi frullava nella testa.

Abitiamo in questa casa da più di vent’anni e come in tutte le case, soprattutto quelle grandi, con mansarda, intercapedini, e box doppio, c’è spazio sempre per tutto.

Soprattutto mio marito ha sempre fatto fatica a liberarsi di qualunque cosa e con il tempo abbiamo accumulato libri, giochi, elettrodomestici ancora funzionanti ma sostituti perché obsoleti, abiti dismessi, scatole vuote, insomma veramente tanta roba.

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La bella figura della granella di zucchero

Per celebrare questi primi freschi giorni settembrini ho preparato un plum-cake alla pesca che è stato molto apprezzato in famiglia, e quindi volentieri vi giro la ricetta al volo.

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Come una calamita, in viaggio verso casa

“Perché un pretesto per tornare bisogna sempre seminarselo dietro, quando si parte.”
Alessandro Baricco

Care amiche bentrovate. Oggi desidero raccontarvi del viaggio che ho fatto durante gli ultimi giorni di agosto, un po’ diverso dai miei cammini di cui già conoscete le storie.

E’ un viaggio cominciato un po’ per caso, al quale ho cominciato a pensare da quando l’Associazione Amici dell’hospice e dell’ospedale di Eboli mi ha regalato un cofanetto emozione3 per essermi classificata prima al concorso “Le parole che non ho detto”, lo ricordate?

Siccome comprendeva due pernottamenti e due colazioni, non potevo costruirci sopra un cammino perché mi avrebbe costretto in qualche modo a fare ritorno per la seconda notte sempre nello stesso luogo.

Ci ho pensato tanto a dove sarei potuta approdare e alla fine ho lasciato che fosse la sorte a decidere per me.

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Arrivederci a Settembre

Anche quest’anno è arrivato per me il momento di mettere la scrittura in stand by.

Non perché mi manchino le storie da raccontarvi amiche mie, o sia a corto di pensieri e riflessioni da condividere, anzi, mi trovo in un momento della mia vita in cui stanno accadendo tante cose, ci sono progetti da realizzare, cammini da percorrere, incontri preziosi di cui parlare.

Ma vi dico la verità, questo caldo mi ha veramente messa a dura prova e anche sedere davanti al PC per scrivere, è diventato faticoso.

Quindi mi prendo una pausa e vi do appuntamento a Settembre, dove spero di trovarvi ancora tutte quante, con il vostro affetto che non perdete occasione di dimostrarmi.

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Sorellanza parola preziosa

Care amiche per il mio articolo domenicale sono andata a ripescare un articolo che avevo postato due anni fa, e che parlava di sorellanza, parola che mi sta tanto a cuore e che quindi vi ripropongo volentieri.

E siccome termina con la ricetta di un buonissimo gelato, visto che quello proposto due settimane fa ha avuto molto successo, sono felice di condividerla, con l’augurio che possiate sperimentarla perchè merita veramente.

“La sorellanza è un patto sociale, etico ed emotivo costruito tra donne.
Prima di tutto è sapere che insieme si è più forti,
che l’emancipazione è possibile solo creando forti alleanze,
trattandosi come sorelle”.

Arriva da lontano questa parola magica che racconta della cura che le donne si prendono l’una dell’altra quando il vivere diventa impegnativo e la paura di non farcela spaventa e preoccupa un po’.

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I Club sandwich: risvegliare l’appetito ma soprattutto la voglia di vivere.

Buongiorno amiche care, anche questa domenica vi ripropongo un articolo estivo con una ricettina sfiziosa che spero tanto vi faccia tornare il desiderio di rimettervi ai fornelli (e lo dico anche per me!), ma soprattutto se siete in un momento complicato della vostra vita, vi aiuti a non dimenticare che, anche se ben nascosta, c’è sempre una buona ragione per amare la vita e godere del suo sapore inimitabile.

Dedicato alle Irene del mio cuore, innamorate della vita, di cui ho avuto il privilegio di raccontare la storia che potrete ritrovare qui e qui

Cucinare in questi giorni è una sfida che difficilmente riesco ad affrontare.

Dopo aver giocato più volte la carta del riso freddo, dell’insalatona, del prosciutto con melone, e del vitello tonnato, mi sono arresa e sconsolata ho chiesto ai miei figli:

“Cosa avreste voglia di mangiare?”

“Mamma è da una vita che non prepari i club sandwich”.

Che bellissima idea.

Ho pensato di proporvi la ricetta perché i club sandwich mettono davvero tutti d’accordo avendo al loro interno una tale varietà di ingredienti che difficilmente qualcuno potrebbe rimanere insoddisfatto.

Pensate che Il Club sandwich è considerato il panino di maggior successo della storia, un classico della gastronomia mondiale. Alcuni sostengono che sia stato inventato nel 1899 da uno chef di New York, altri invece raccontano che un facoltoso imprenditore newyorkese rientrando tardi a casa, con la servitù già a letto decise di prepararsi un panino con qualche avanzo presente in cucina. Il risultato fu talmente buono che decise di farselo preparare anche nel country club di cui era socio e da quel momento divenne famosissimo.

Insomma spero di avervi incuriosite e anche di avervi messo appetito!

Di ricette ne troverete davvero tante nel web, io ve ne propongo una semplice da me rivisitata secondo i gusti della famiglia.

I CLUB SANDWICH DELLA FAMIGLIA BIOLLO
Dedicata ai miei figli che mi stanno amando di un amore che travalica le ragioni del sangue.
INGREDIENTI PER 4/6 PERSONE 
Una confezione di fette di bacon
Una confezione di pan carrè o pan bauletto
burro qb – 2 uova – sale – olio
1 confezione di fette di arrosto di tacchino o di pollo o anche di prosciutto cotto
Un pomodoro, un po’ di insalata.
PREPARAZIONE
Cominciate rosolando il bacon fino a renderlo croccante.
Scaldate le fette di pane nel tostapane oppure in forno caldo per pochi minuti,
poi spalmatele con un velo di burro.
Nel frattempo sbattete due uova in una ciotola con un pizzico di sale, versatele in una padella leggermente unta d’olio e fate cuocere fino ad ottenere una frittata sottile.
Tagliate a fette il pomodoro e lavate l’insalata.
Assemblate ora il sandwich, (se vi piacciono la maionese, oppure la senape, potete spalmarle sul pane prima di farcirlo): prima il bacon con un quadratino di frittata.
Chiudete il primo strato con un’altra fetta di pane. Proseguite con il secondo strato mettendo le fette di tacchino oppure di pollo, aggiungete una fettina di pomodoro e infine l’insalata.
Ora che il panino è pronto, tagliatelo trasversalmente in quattro parti e servitelo infilzato con uno stecco.

Semplice ma d’effetto vero?

Perché i club sandwich piacciono tanto?

Io credo che il segreto stia nel miscuglio di sapori e consistenze che si sprigionano in bocca al loro assaggio.

Un po’ come il sapore della vita insomma, mai uguale a se stesso, ricco di tante cose, di nuovi incontri che non arrivano mai per caso, ma seguono un disegno preciso e rendono più autentico il cammino.
Credere che tutto concorre davvero al bene e il solo pensiero dovrebbe contribuire a rendere splendidi i giorni in cui viviamo.

Perché nonostante ci piaccia ogni tanto complicarci la vita, per fortuna succede anche che una mattina qualunque ci svegliamo e ci accorgiamo che la serenità sta tutta dentro lì, nel conforto della routine quotidiana.

E’ come avere davanti agli occhi una lavagna sulla quale possiamo disegnare la nostra giornata: tanti doveri, tante incombenze, ma anche tanto bene, la vita in famiglia, un incontro con un’amica, un evento speciale da festeggiare, una gita da organizzare. Sta a noi decidere se disegnare utilizzando gessetti bianchi oppure dare un tocco di allegria e leggerezza usando gessetti colorati. Pensate all’effetto finale.

Portare un po’ di colore nella nostra vita e in quella dei nostri cari migliora il loro benessere e il loro umore.

Un sorriso non costa nulla e rende molto.

Arricchisce chi lo riceve,

senza impoverire chi lo dona.

Non dura che un istante,

ma il suo ricordo è talora eterno.

Nessuno è così ricco da poterne fare a meno.

Nessuno è così povero da non poterlo dare.

Crea felicità in casa;

MADRE TERESA DI CALCUTTA

Una lavagna vuota da riempire.

Che responsabilità, certo, ma che splendida occasione di riempire la nostra vita con un miscuglio di sapori.

Buona domenica e se questo articolo vi è piaciuto, potete sempre condividerli cliccando qui sotto 👇👇😊😊😊

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Le aspettative, di nuovo

Buongiorno amiche care, questo caldo mi sta mettendo a dura prova e la fatica di dedicare tempo alla scrittura unitamente al desiderio di mangiare solo cibi freschi, mi ha fatto venire voglia di riproporvi in queste ultime domeniche, prima della pausa estiva, articoli estivi già postati su questo blog per dare modo a chi non li aveva ancora letti, di poterlo fare, magari comodamenteseduta sotto l’ombrellone.⛱⛱

Quello che vi propongo oggi è un articolo che risale a quasi due anni fa, ma ancora molto attuale, in cui raccontavo di una ricetta semplice per fare un buonissimo gelato alla frutta:
Le aspettative di un gelato.

Tra l’altro l’argomento di cui avevo parlato riguardava le aspettative, tema sempre molto scottante soprattutto per noi donne.

La mia amica Luisa la scorsa settimana mi ha inviato un video che spiega come fare un buon gelato in breve tempo senza gelatiera. E’ un procedimento davvero semplice e l’unico ingrediente necessario è la frutta. Eccolo qui

Mi sono subito cimentata, ma quando ho visto il risultato, ho provato un po’ di delusione, perché non era venuto esattamente come quello del video. Poi però l’ho offerto ai miei figli e loro mi hanno fatto i complimenti dicendomi che era molto buono. Mi sono chiesta come mai a loro avesse fatto questa impressione, e a me proprio il contrario. Poi ho capito.
Nei confronti di questo gelato avevo riposto troppe aspettative.
Le aspettative sono una enorme fregatura. Finché si limitano a un gelato va tutto bene. Ma quando le abbiamo alte, altissime nei confronti delle persone che amiamo, quando ci aspettiamo che loro siano ciò che non possono essere, che  intuiscano i nostri bisogni e possibilmente li soddisfino, che ci rendano felici insomma, allora la situazione si complica e si fa fatica a venirne fuori. 
Perché non possiamo caricare gli altri di una simile responsabilità.
Se ci hanno a cuore, potranno certamente accrescere, arricchire, illuminare la nostra felicità.
Ma difficilmente potranno renderci felici se in cuor nostro, noi non lo siamo, almeno un poco.
Quando ho ridotto le aspettative nei confronti del mio gelato, e l’ho accettato per ciò che era e cioè un gelato fatto in casa fresco e dal sapore gradevole, anche se non perfetto, mi sono ritenuta soddisfatta del risultato.
E adesso alcune indicazioni pratiche che potrebbero farvi comodo.
1 Mettete la frutta in freezer già tagliata a piccoli pezzi altrimenti farete molta fatica a frullarla.
2 Se il gelato vi piace particolarmente dolce (a noi sì!) prima di frullare aggiungete un po’ di zucchero a velo (così non sentirete i granelli di zucchero).
3 Se non avete un mixer, andrà benissimo un frullatore a immersione, anche se richiede un po’ più di tempo e pazienza.
Io ho provato con le fragole e le pesche
Il gusto non posso descriverlo, è da assaggiare.
Aspetto i vostri gelati e i vostri pensieri sulle aspettative.


Prima di salutarvi voglio augurarvi di cuore che possiate smettere di aspettarvi cose.

Di aspettarvi che le persone intorno a voi cambino, perché sarà improbabile che ciò avvenga, se non sarete voi le prime a mettervi in discussione.

Di aspettarvi che la vostra vita prenda un’altra direzione, perché non sarà possibile a meno che non siate voi a indicargliela.

Di aspettarvi che le situazioni affettive, lavorative, familiari, amicali, dentro le quali siete finite per mille ragioni, che improvvisamente si sono fatte scomode, si risolvano da sole, perché sarà difficile che accada, se non vi deciderete a metterci mano.

Prendetevi cura di voi stesse, perché nessun’altro saprebbe farlo meglio.


Così, a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio,
senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi.
Italo Calvino

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Trekking per famiglie in Lombardia: a spasso con Daniela

Amiche care, anche oggi con grande piacere, voglio raccontarvi la storia di un’altra protagonista del mio blog, Daniela, amica da tanti anni.

Il ricordo più lontano che ho di Daniela, risale a quella parte della mia vita in cui cantavo nel coro parrocchiale e mi stava seduta di fronte a suonare superbamente una chitarra più grande di lei, senza che questo le creasse il benché minimo problema.

Quel giorno lì ho cominciato a stimarla e non ho smesso ancora oggi perché strada facendo lungo gli anni belli della nostra amicizia, non ha mai perso l’occasione di rendermi fiera di conoscerla.

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Letture per l’estate

Bentrovate amiche care.

Oggi per la categoria Protagoniste per un giorno, sono veramente onorata di presentarvi due lettrici Ornella e Stefania che ci consigliano due libri davvero speciali per le nostre letture estive.

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Una regina indecisa…anzi due

Ieri pomeriggio le mie due figlie si sono date appuntamento per un momento di shopping.

Mi avevano chiesto di unirmi a loro ma dico la verità, ho preferito rimanere a casa perché sapevo come sarebbe andata a finire.

Avrebbero trascorso il loro tempo guardando scarpe e vestiti e poi nell’indecisione avrebbero acquistato praticamente poco o nulla.😫😫

E siccome l’indecisione mi fa venire l’orticaria, ho declinato l’invito.

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Figli di qualcuno Capitolo 4: il finale

Figli di qualcuno capitolo 1

Figli di qualcuno capitolo 2

Figli di qualcuno capitolo 3

ANDREA

Siamo due pazzi.

Chissà cosa credevamo di fare. Lei dice che si sono rotte le acque e va tutto bene, ma io sono sudato fradicio, ho la testa nel pallone e una paura maledetta.

Io voglio chiedere aiuto, non posso e non voglio prendermi questa responsabilità, non ce la faccio , lo so che un sono un cacasotto, ma me ne frego, adesso faccio finta di andare in bagno e scrivo a qualcuno.

Sì ma a chi?
A mia sorella?
“Ciao senti Chiara sta partorendo, hotel Kappa verresti a darci una mano?”
Sicuro le faccio venire un colpo e poi non è mica un’ostetrica.

Ecco potrei scrivere a Viola la migliore amica di Chiara.
“Non ti posso spiegare ma vieni subito è urgente ti prego”.
Che fesseria, non sa niente di parti penserebbe a uno scherzo di pessimo gusto.

No, no, devo pensare a chi potrebbe darci una mano concretamente.

Dovrei guardare la rubrica del mio cellulare ecco cosa dovrei fare. Sono sicuro che troverei qualcuno che fa al caso nostro. Ma come diavolo faccio a convincere Chiara che abbiamo bisogno di aiuto?

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Notti prima degli esami

Dedicato alla 5AL
per avermi piacevolmente tenuto compagnia durante questi cinque anni,
che la forza sia con voi

Mentre scrivo questo articolo, giù al fresco nella nostra taverna, un gruppo di maturande stanno studiando per il mega ripasso in vista dell’esame di maturità.

Dico la verità mi riempiono il cuore di tenerezza.

Questa è una di quelle situazioni in cui i genitori vorrebbero farsi carico delle ansie e della preoccupazioni dei loro figli senza tuttavia privarli di un’esperienza che comunque vada, rimarrà uno dei ricordi più indimenticabili della loro vita.

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Figli di qualcuno Capitolo 3

Figli di qualcuno capitolo 1

Figli di qualcuno capitolo 2

CHIARA

“Che diavolo succede adesso?” domando nervosamente.

“Sta calma, sembra un black out, vado a bussare alla camera accanto, torno subito” mi dice Andrea.

Il buio mi fa paura. Da sempre. Una paura atavica che mi porto dentro da quando ero piccolissima.

Più mia madre si ostinava a non lasciar la lucina accesa in camera mia la notte, e più mi terrorizzava il pensiero di essere circondata da ombre spaventose.

“Andrea dove sei? No, non lasciarmi sola ti prego” il tono della mia voce è quasi stridulo, ma faccio veramente fatica a controllarmi in questo momento.

Al buio mi sento vulnerabile, come se crollassero di colpo tutte le mie barriere di difesa.

“E’ andata via la luce, sarà per colpa della neve, se vuoi do almeno un’occhiata in corridoio”

“No, non uscire, non ci deve vedere nessuno. Se è andata via la luce tornerà prima o poi”.

Mi manca il respiro, sto perdendo la concentrazione, sento l’ansia arrivare da lontano come un’onda che sta per travolgermi, Dio mio HO PAURA, qui seduta su questo letto sento il coraggio venire meno.

Sento i passi di Andrea che con cautela viene verso di me, si siede sul letto e poi lentamente, comincia a massaggiarmi la schiena.

Piano piano riprendo il controllo del respiro, so che durerà poco, ma non voglio rovinare questo momento.

ANDREA

Sono quasi due ore che ce ne stiamo qui sul letto nel buio più totale.

Le contrazioni di Chiara sono regolari, ormai le ha ogni 5 minuti.

E’ sudata, cerca di controllare il respiro e mi domando come ci riesca, visto che sta tremando come una foglia. Lo so che ha paura del buio e questo black out proprio non ci voleva accidenti.

Mi è venuto naturale sedermi accanto a lei e massaggiarle la schiena e mi sa che c’ho azzeccato perché stavolta mi ha lasciato fare. Avrei così tanto da dirle, ma non credo che sia il momento giusto.

Vorrei giurarle che non la lascerò mai più sola, che mi dispiace per tutto quanto e che qualunque cosa accada  io non scapperò.

Avrei dovuto dirgliele prima queste cose e invece sono nove mesi che non facciamo altro che farci del male, che covare dentro una rabbia che arriva da lontano, a ferirci con parole crudeli e bugiarde, incolpandoci reciprocamente di tutto quello che è successo.

Questo bambino non ci voleva, siamo così giovani, io non sono proprio capace di crescere un figlio, a malapena mi prendo cura di me stesso figuriamoci. E poi Chiara aveva già deciso per entrambi.

“Non posso più abortire, sono troppo avanti con la gravidanza”.

“Merda. E quindi cosa possiamo fare?”

“Lo partorirò, ho tutto il tempo necessario per documentarmi su come si mette al mondo un bambino, e quando sarà nato tu te ne sbarazzerai”.

“Tu sei pazza” avevo risposto incredulo.

Ho sperato fino all’ultimo di farle cambiare idea, mi sono scervellato cercando un’altra via d’uscita, ma pareva che nulla andasse bene, si è messa in testa questa mossa criminale e ora che siamo a un passo dal metterla in atto, io non sono affatto sicuro di potercela fare.

La luce che torna all’improvviso ci acceca ma ci rincuora. Guardo Chiara sorridendo, ma il sorriso mi si congela sulla faccia, perché il letto è completamente bagnato.

CHIARA

Ogni suo massaggio è come una richiesta di perdono. Lo so che mi avresti voluta più fragile per poterti prendere cura di me, ma ho imparato da sempre a contare solo su me stessa e a cavarmela da sola in ogni situazione. Sei stanco e preoccupato, lo vedo, ma so anche che sei un bravo ragazzo e non scapperai da me qualunque cosa accada.

Qui nell’oscurità più profonda riesco a immaginare per la prima volta i lineamenti di questo bambino che mi porto dentro da nove mesi e qualcosa di molto simile a un singhiozzo mi sale in gola rapido e doloroso.

Non ho mai pensato a lui come a mio figlio. Non gli ho permesso di rubarmi i sentimenti, non ha mai avuto un volto, Né un colore di occhi o chi capelli, né tantomeno l’ho mai chiamato per nome.

Ricordo che quando l’ho sentito muoversi per la prima volta con un sfarfallio improvviso e impercettibile, ho chiuso gli occhi e le orecchie cercando di sopravvivere a quel momento di dolore e disperazione.

Tu non sei niente per me, assolutamente niente, sei una zavorra che mi pesa dentro e che appena posso butterò fuori.

Non ti muovere, stai fermo, non disturbare il mio sonno, i miei sogni e i miei pensieri.

Non ti ho cercato e non ti ho voluto, ho ben altro a cui pensare in questa vita.

Come a ribadire la sua presenza, lo sento scalciare ancora una volta, mentre un liquido caldo mi scorre tra le gambe.

Finalmente la luce è tornata.

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Benvenuta al Sud

E’ proprio vero che se ti lasci condurre, la vita ti porta veramente dove non avresti mai pensato di arrivare.

Certo ci si deve fidare e affidare, due atteggiamenti che mica sempre ci appartengono. Ma da quando è mancato mio marito, ho ricominciato a rincorrere la felicità, perché ho capito che non sempre ti viene data in dono gratuitamente, e quando non accade, se la desideri, devi proprio andartela a prendere.

E così ho provato a fare.

Venerdì mattina ho preso un treno con destinazione Eboli per andare incontro a un appuntamento irrinunciabile che come immaginavo si è rivelato magico e indimenticabile.

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Figli di qualcuno Capitolo 2

Figli di qualcuno capitolo 1

CHIARA

Scendo dal taxi a fatica, questo tragitto estenuante a passo d’uomo mi ha esasperata. Guardo le ore, ho contrazioni ogni 15 minuti. Perfetto. Sono ancora sopportabili, c’è tutto il tempo per fare bene ogni cosa.

Ho portato una piccola borsa con tutto il necessario. Andrea è pallidissimo ma so che posso contare su di lui, un po’ perché si sente responsabile del casino che abbiamo combinato e poi perché credo che davvero ci tenga a me. Non avrei mai pensato che un tipo come lui potesse innamorarsi di una come me: io sono la ragazza perfetta che tutti si aspettano che sia e che mette soggezione ai ragazzi.

Ma lui non si è per niente intimorito, anzi, ha osato, ha rischiato e mi è piaciuto per questo. Se ne frega delle convenzioni e soprattutto ha capito chi sono veramente dietro questa faccia da brava ragazza.

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Il cammino di Oropa in tre giorni: quando la fatica stempera il dolore

Non c’è tristezza che, camminando, non si attenui e lentamente si sciolga.
Romano Battaglia
.

Certi giorni spezzano le gambe e tolgono il respiro come quando si sale in vetta.
E’ da giorni così che scappo, anche se poi torno.

La fuga che preferisco in assoluto è quella che faccio quando intraprendo un cammino.

Lo scorso anno avevo affrontato la via Francisca del Lucomagno, scoprendo nella modalità della camminata una carica e una forza che non avevo mai sperimentato prima.

Quest’anno invece ho scelto il Cammino di Oropa e ne sono rimasta letteralmente rapita.

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Figli di qualcuno Capitolo 1

Anche “Figli di qualcuno”, come “Il segreto di nonna Aldina” è una storia che ho scritto diversi anni fa, in occasione di laboratorio di scrittura creativa organizzato da la Macchina dei sogni e superbamente curato dallo scrittore Matteo B.Bianchi.

Le storie soffrono a rimanere nei cassetti, vanno rispolverate, rimaneggiate e poi rimesse in circolo, perché in un modo o nell’altro, trovano sempre la maniera di tornare utili a qualcuno.

Ecco per voi il primo capitolo.

In attesa come sempre di leggere i vostri commenti.

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Qualche volta ritornano

pubblicato su Confidenze n. 33 Agosto 2009

Rigiro tra le mani la scatolina di velluto rosso e continuo a domandarmi come ho fatto a finire in questa situazione. Se non ci fosse da piangere, quasi mi verrebbe da ridere.

A me, che ho superato la sessantina già da un pezzo, vedova da tempo immemorabile, madre di un figlio quasi trentenne, a me una scatolina di velluto rosso.

La apro ancora una volta, per essere sicura di avere visto giusto e l’anello è sempre lì, che mi fissa superbo, certo che prima o poi, cederò alla tentazione di infilarlo al dito.

Un anello di fidanzamento.

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S come stupore S come Sara, Samuele, Susanna

Questa estate in anticipo ci sta cogliendo un po’ tutti quanti di sorpresa.

Non abbiamo nemmeno fatto in tempo a tirare fuori l’abbigliamento primaverile, che senza troppe esitazioni siamo passati a quello decisamente estivo. Nonostante abbia imparato negli anni che le stagioni alla fine fanno quello che vogliono e quando vogliono, non finisco mai di stupirmi di quanto pericolosamente e repentinamente avvengano questi cambiamenti climatici.

E sempre a proposito di stupore, vista la calura estiva, per il suo compleanno la mia terzogenita ha preparato del dolcetti al cioccolato bianco freschi e deliziosi che dovete assolutamente sperimentare. Vi garantisco che chi li assaggerà non potrà fare a meno di guardarvi mentre lo assapora e chiedervi stupito: ma cosa c’è dentro?

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Una famiglia speciale

Pubblicato su Confidenze n. 36 Settembre 2014

Stringo tra le braccia questo piccolino e non so più quali sentimenti provare.

Nell’ultimo anno di vita li ho sperimentati un po’ tutti, prima il dispiacere, poi la rabbia, la rassegnazione, la speranza e adesso lo guardo e penso che sia arrivato il momento della gioia, anche se non ne sono del tutto sicura.

La mia amica Pia mi dice che ne ho il diritto dopo tutto quello che ho passato.

Solo un anno fa ho perso mio marito, il cancro me l’ha portato via in pochi  mesi. Potevamo goderci la pensione, tanti progetti, tanta voglia di stare insieme e invece è finito tutto a nemmeno sessant’anni.

Mi sono fatta coraggio per Angelo, il mio unico figlio, e Lara sua moglie, li vedevo così fragili, senza un figlio in quasi dieci anni di matrimonio, non volevo che questo grande dolore andasse a caricarsi sulle loro spalle.

Ma non è servito a nulla, avevo già capito da un pezzo che il loro matrimonio era naufragato in mezzo alle liti e alle colpe che ciascuno infliggeva all’altro senza pietà. Com’è possibile aver amato tanto una persona e poi trovare il coraggio di  ferirla così gratuitamente, senza un minimo di rimorso?

Si sono separati e Lara se ne è andata.

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Il diavolo e l’acquasanta

La scorsa domenica sono andata a Milano a trovare una cara persona che sta attraversando un momento difficile e doloroso😔😔.

Nonostante conosca Milano molto bene e l’esperienza negli anni mi abbia insegnato a muovermi sui mezzi senza abbassare la guardia, a quanto pare ho ancora tanto da imparare perché mi hanno rubato il portafoglio 😭😭.

Non è la prima volta che mi capita di essere derubata, sempre a Milano e sempre sui mezzi mi era già accaduto diversi anni fa, ma mi sono resa conto che non ci si abitua mai a questo genere di cose.

Quando mi sono accorta di ciò che era accaduto ho provato un fortissimo senso di smarrimento.

Anche se di breve durata, la sensazione che si prova di impotenza, solitudine, ma soprattutto umiliazione, è indescrivibile. Ritrovarsi in un luogo così affollato senza documenti né soldi genera uno strato di sottile ansia e vi garantisco che non è facile scrollarsela di dosso.

E’ stato come se improvvisamente seppure per un breve lasso di tempo, avessi smesso di essere me stessa.

Un ladro non ti ruba soltanto un portafoglio, ma molto di più.

Ti rende diffidente verso il prossimo, e timoroso, e incredibilmente vulnerabile. Cambia il tuo sguardo sulle persone e serve molto tempo per riacquistare una sorta di equilibrio.

Forse ti insegna anche a essere più accorto (non a me), ma pagando un prezzo veramente caro.

Dopo lo sconforto è sopraggiunta la frustrazione, al solo pensiero della quantità di tempo che avrei dovuto spendere per richiedere tutti i duplicati dei documenti e sporgere denuncia.

Tuttavia, sapete bene che io amo i bicchieri mezzi pieni.

E quindi voglio raccontarvi anche un altro aspetto di questa vicenda, un aspetto che ha a che fare con le brave persone.

Nei giorni seguenti ho richiesto il blocco della carta di credito e la mia amica Cristina ha reso tutto molto più sbrigativo e semplice di quanto non credessi.

Per non parlare delle commesse dell’Esselunga e di Arca Planet, che mi hanno dedicato buona parte del loro tempo per farmi duplicati delle tessere.

Quando poi mi sono decisa a sporgere denuncia, e mi sono recata dai Carabinieri, ho trovato un Appuntato comprensivo e gentile.

Ma la certezza che al mondo alla fine ci sono molte più brave persone che gente disonesta,  l’ho avuta ieri mattina, quando ho ricevuto una telefonata dal signor Giuliano che  mi comunicava di aver ritrovato il mio portafoglio sotto la sua auto.

Non posso descrivervi la gioia e il sollievo provati in quel momento, ma credo riusciate a immaginarla.

Così ieri sono tornata a Milano a riprenderlo e ho conosciuto anche la moglie del signor Giuliano, altra persona squisita che mi ha accolta con un tale affetto, da rasentare la commozione.

Insomma, tutto è bene quel che finisce bene, e quindi volevo dire al ladruncolo che si è preso il mio portafoglio che non ce l’ha fatta nemmeno questa volta a farmi perdere la fiducia nel genere umano, perché ci hanno pensato tutte le splendide persone che ho incontrato lungo la settimana a dimostrami che alla fine il bene vince su tutto.

E siccome voglio chiudere questo articolo con una nota di dolcezza, visto il titolo, vi giro la ricetta di una torta buonissima che ho realizzato per festeggiare la felice conclusione di questa vicenda.

Sto parlando della torta paradiso, una delle mie preferite, delicata, profumata e perfetta per la colazione del mattino e il te del pomeriggio.

Vi giro gli ingredienti ma per il procedimento vi invito a seguire il video di questa ragazza stra-simpatica perché è pieno zeppo di accorgimenti importanti per realizzare una torta veramente squisita


TORTA PARADISO
100gr burro morbido, tolto dal frigo almeno due ore prima di preparare la torta
180gr zucchero
4 uova a temperatura ambiente
buccia grattugiata di un limone non trattato un cucchiaino (5ml)
estratto di vaniglia
80gr fecola di patate o amido di mais
200gr farina 00
una bustina (16gr) di lievito per dolci
un pizzico di sale
zucchero a velo vanigliato per decorare
Cottura 180°C | 40 minuti, ripiano centrale.

Amiche care, se anche voi avete una storia da raccontare vi ricordo che potete inviarla alla mail gio.fumagalli66@gmail.com, così la pubblicherò nella categoria “Protagoniste per un giorno” .

Vi auguro una buona domenica e naturalmente se questo articolo vi è piaciuto, non dimenticate di condividerlo.

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La crepa e la luce

Care amiche, con questo articolo sono felicissima di inaugurare una nuova categoria del mio blog: Protagoniste per un giorno, dedicato proprio a voi e ai vostri articoli. Dopo l’articolo pubblicato domenica scorsa, stanno arrivando le prime mail e io non vedo l’ora di darvi lo spazio che meritate 😍😍.
Voglio cominciare con la mia amica Rosy che avevate già conosciuto perché mi aveva inviato la ricetta strepitosa della torta della nonna ve la ricordate? Ebbene oggi la ritroviamo con una bellissima recensione di un libro che mi ha consigliato e che sarà certamente la mia prossima lettura.

Continua a leggere “La crepa e la luce”
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Protagoniste per un giorno

Due anni fa, Michele, un ragazzo dal cuore grande, mi ha regalato una rosa di un colore splendido come non ne avevo mai viste.

La gioia di quel dono è stata subito offuscata dalla preoccupazione di non essere in grado di prendermene cura.

Ho sempre avuto un rapporto complicato con le rose, straordinariamente perfette, superbe, orgogliose della loro bellezza, sempre a giusta distanza dagli esseri umani.

Desideravo prendermene cura, ma difficilmente lei me lo consentiva.

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Un gatto per amico (anzi 12!)

pubblicata su Confidenze n. 33 Agosto 2010

Dedicata alla mia amica Paola,
gattara fin dentro l’anima, persona speciale
che 12 anni fa mi ha fatto quel grande regalo che è la mia Bijoux

Questa è una storia che parla di gatti.

Quindi se non vi piacciono i gatti o non volete leggere storie inverosimili che raccontano fino a dove possa spingersi un umano che ama questi animali, meglio che lasciate perdere.

Tutto è cominciato qualche settimana fa davanti ai voti finali esposti a scuola.

Io ero disperata. Debito di matematica. Fino all’ultimo ho sperato di cavarmela, non credevo proprio che la mia prof. volesse punirmi in questo modo.

Ero in compagnia della mia amica Arianna che cercava di farmi coraggio e mi veniva così da piangere che avevo paura di scoppiare in lacrime davanti a tutti gli altri studenti. Niente vacanza a Friburgo con le mie compagne, niente oratorio estivo, niente casa al mare.

Insomma mi vedevo già china sui libri circondata da innumerevoli gatti.

Perché dovete sapere che mia madre e mio padre adorano i gatti.

Ma non si limitano ad amarli incondizionatamente, loro fanno parte di non mi ricordo quale associazione che si occupa di recuperare i gatti randagi, sterilizzarli e poi donarli a chi naturalmente promette di prendersene cura. A volte queste gatte arrivano in procinto di partorire, quindi la casa si riempie di cuccioli di gattini che rimangono con noi almeno per otto settimane.

E’ pazzesco lo so, per questo vi dicevo che se non amate i gatti è meglio che lasciate perdere questa storia perché non ce la fareste proprio a capirla.

E naturalmente poiché ogni gatto ha diritto alla sua privacy, in questo momento abbiamo il bagno occupato da Camilla che ha appena partorito due gattini, in mansarda Bijoux che allatta tranquilla e indisturbata tre piccoli di nemmeno un mese, in soggiorno passeggia Lulù, solitaria e in attesa di trovare qualcuno che sopporti le sue unghie lunghe, e la sua inesauribile voglia di giocare.

In camera dei miei c’è Romeo che è senza un occhio e se ne sta per i fatti suoi e in camera di mio fratello che per fortuna non c’è perché sta a Roma a studiare, abbiamo un’intera famiglia di gatti, madre, padre e tre fratellini.

L’unico locale nel quale non ci sono animali è la mia camera, perche mi sono rifiutata fin dall’inizio di averli tra i piedi.

Se devo dire tutta la verità anche a me piacciono molto i gatti, mentirei se dicessi il contrario, ma sinceramente certi giorni mi pesa un po’ questo viavai di gente che viene a vederli li sceglie, se li porta via, poi telefona, chiede informazioni e quando mia madre non c’è, tocca a me prendermi nota di tutto.

Insomma capirete che non è una situazione facile anche se ci sono talmente abituata che spesso non ci faccio nemmeno caso.

Comunque torniamo a noi, anzi a me che tre settimane fa stavo davanti al tabellone che diceva a chiare lettere che avrei avuto un debito di matematica.

Stavo rimuginando su questa terribile sventura quando una voce dietro di me mi ha fatto sussultare.

“Hai bisogno di ripetizioni?”

Mi sono girata e a momenti svenivo. Claudio. Non un Claudio qualunque, beninteso.

Claudioilragazzopiùcarinodellascuoladelqualesonoinnamorataperdutamentedaalmenounanno, non so se mi spiego.

Era la prima volta che mi rivolgeva la parola e il cuore ha cominciato a battere così furiosamente che avevo paura mi esplodesse.

“Scusa?” gli ho risposto come una cretina mentre cercavo disperatamente di farmi venire in mente qualcosa di più intelligente da dire.

“Ho visto che hai il debito di matematica. Se vuoi qualche ripetizione io ci sono”.

Naturalmente ho risposto sì al volo certa che non sarei stata così fessa da sprecare una simile occasione.

Cosi ci siamo accordati che la settimana successiva, sarebbe venuto lui da me perché a casa sua ci sono gli imbianchini. Quella mattina sono andata dal parrucchiere mi sono vestita con cura e ho pure preparato una torta per l’occasione.

Claudio è arrivato puntuale e bello come il sole. Oddio ero pazza di felicità.

L’oblio è durato meno di dieci minuti.

Dopodiché Claudio ha attaccato con una fila interminabile di starnuti, continuando a scusarsi perché proprio non capiva cosa gli stesse succedendo. Io ero più imbarazzata di lui in verità e non sapevo fare altro che passargli fazzoletti.

Quando mia madre ha bussato per chiedere se tutto andava bene, con in braccio la piccola Bijoux, c’è mancato poco che Claudio cadesse dalla sedia.

“Oddio adesso capisco: non mi avevi detto di avere un gatto” ha esclamato allibito.

“Veramente questa è una gatta e al momento in casa ne abbiamo dodici” ha risposto mia madre.

“Cosa?” Claudio è saltato in piedi come se l’avesse morso una tarantola.

Io ho cercato di calmarlo chiedendogli cosa stesse accadendo e alla fine ho scoperto che Claudio è allergico ai gatti da quando è nato.

Nel giro di due secondi lui ha preso la sua roba e se ne è andato di casa nonostante tutti i miei tentativi di convincerlo e rimanere, ma era veramente terrorizzato.

Ma vi rendete conto? Allergico ai gatti! Praticamente in casa mia non avrebbe più potuto mettere piede.

Abbiamo provato a trovarci in biblioteca per studiare, ma è stato un disastro, perché ogni volta che cercavo una scusa per avvicinarlo, lui attaccava di nuovo con gli starnuti probabilmente dovuti a qualche pelo di gatto rimasto sulla mia maglietta.

A un passo dal concludere qualcosa con il ragazzo più carino della scuola e per il quale ho una cotta da mesi, tutto si frantumava sotto i miei increduli occhi.

Perché la vita è così ingiusta e crudele?

Ho trascorso giorni di vero sconforto, ero nervosissima e una sera a tavola sono persino sbottata chiedendo perché mai non potevamo essere una famiglia normale come tutte perché proprio a noi era toccato di salvare tutti i gatti del pianeta tirandoceli in casa?

Quella sera mia madre mi ha raggiunta in camera cercando di farmi ragionare, ma soprattutto di capire il motivo della mia reazione. Povera mamma, ero così arrabbiata che le ho risposto che mi erano indifferenti e che mi sembrava veramente esagerato tenerne così tanti.

Non dimenticherò mai la sua espressione delusa e ancora oggi se ci penso mi si stringe il cuore. Che poi i gatti miei gatti alla fine guai chi me li tocca.

Nel frattempo ho accettato le ripetizioni di Roberto, un amico di mio fratello. D’altra parte il debito di matematica continuava ad esserci e pur con il cuore spezzato dovevo andare avanti.

Roberto era noiosissimo, ma molto bravo e in pochi giorni ho fatto grandi progressi. Una sera mi ha chiesto di uscire a mangiare una pizza e ho accettato.

Perché no mi sono detta? Anch’io voglio godermi un po’ di estate.

La cosa pazzesca è che usciti dalla pizzeria, stavamo attraversando la strada per raggiungere il parcheggio, quando abbiamo visto un gatto attraversare di corsa la strada proprio mentre transitava un’auto che l’ha investito di striscio.

Io ho urlato e ho chiuso gli occhi senza trovare il coraggio di guardare.

Ma quando li ho riaperti sono rimasta basita: Roberto era già chino sul povero gatto, si era tolto la giacca e l’aveva avvolto con cura. Mi ha guardato e mi ha chiesto se me la sentivo di tenerlo in braccio.

“Ma certo ho risposto”.

Siamo volati da un veterinario suo amico e l’abbiamo fatto visitare.

Il veterinario ha deciso di operarlo subito perché era un po’ preoccupato e quindi siamo rimasti in sala d’aspetto per almeno due ore. E così parlando del più e del meno, ho scoperto di questo suo amore per i gatti.

“Beh mi risulta che anche tu sia così no? Tuo fratello mi racconta sempre di quanto la tua famiglia si prodighi per queste povere bestiole”.

Mi sono sentita un verme e non ho risposto.

Comunque Milù (abbiamo saputo che era una femmina per giunta incinta) si è salvata, me la sono portata a casa dove è stata accolta con il consueto affetto e credo che adesso ci terrà compagnia per un bel po’.

Ecco la storia per il momento termina qua.

Ancora non so se passerò l’esame di matematica, ma sto andando piuttosto bene con lo studio.

E ancora non so come finirà la mia amicizia con Roberto.

Però dentro il cuore mi è rimasta una lezione importante che ho imparato. E sono molto, molto fiera di me stessa.     

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Le fate ignoranti

Lo ammetto, è stato innanzitutto il titolo a catturarmi, poi ho letto la trama e mi sono incuriosita, allora ho cominciato a guardarla e me ne sono innamorata.

Sto parlando de “Le fate ignoranti” che prima di diventare una miniserie televisiva di 8 puntate disponibile dal 13 aprile 2022 su Disney+, è stato anche un film uscito nel 2001 (che peraltro non ho mai visto).

Ma procediamo con ordine.

Innanzitutto di cosa parla “Le fate ignoranti”?

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