Oggi come allora “Giù le mani dai giovani!”

Da quando sono diventata Consigliere comunale, tra i vari impegni che ho assunto, ce ne è uno, anzi due, ai quali tengo in modo particolare, che riguardano le cerimonie di commemorazione che si svolgono il 4 Novembre, giornata simbolo della nostra Nazione durante la quale facciamo memoria dei caduti e dei dispersi di tutte le guerre,  e il 25 Aprile, data che simboleggia la presa di coscienza, la ribellione e la vittoria di un popolo che ha conquistato la libertà difendendola a caro prezzo.

In entrambe le giornate c’è un momento carico di emozione durante il quale viene cantato l’inno di Italia e ogni volta non riesco a fare a meno di commuovermi.

Non so perché, ma il Goffredo Mameli, me l’ero sempre immaginato come un anziano e panciuto signore con folti barba e baffi comodamente seduto alla sua scrivania di mogano antico a scrivere le parole di questo inno meraviglioso mentre guardava fuori dalla finestra della sua abitazione lasciandosi ispirare dal paesaggio che lo circondava.

Ci ha dovuto pensare la bellissima fiction “Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia trasmessa di recente su Rai Uno (non perdetela!) a raccontarmi la storia di questo giovane eroe.

Sì perché ho scoperto innanzitutto che Mameli era uno studente che come tanti suoi coetanei credeva in valori importanti come la libertà, la giustizia, l’onestà e con tanto coraggio si batteva insieme a loro per inseguire il sogno di un’Italia unita.   

La fiction racconta gli ultimi due anni di questo poeta, dal 1847 al 1849, e di quanto egli abbia amato e creduto nell’amicizia, nell’uguaglianza e nella libertà, sfruttando la sua fama per contribuire alla costruzione di un’Italia unita.

Credo che il grande merito di questa fiction sia stato quello di (come hanno ben spiegato i registi) di far scendere dai piedistalli, dalle targhe delle vie, dai nomi delle scuole, questi ragazzi, raccontando la loro storia e la loro voglia di vivere adoperandosi con ardore per difendere gli ideali in cui credevano fortemente.

 «Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia» ha finalmente  portato nelle nostre case una pagina di storia conosciuta solo a metà e magari studiata pure male tra uno sbadiglio e l’altro, permettendoci di toccare con mano temi universali, tra i quali soprattutto quello del sacrificio fino alla morte.

Dico la verità, non ho potuto fare a meno di pensare a quanto nei secoli questo  profondo spirito di giustizia e di libertà che giace in un angolo di cuore di ogni uomo di buona volontà, non sia mutato nonostante i cambiamenti radicali avvenuti nel corso della storia, anzi, di come in realtà si sia radicato profondamente soprattutto nelle nuove generazioni che rifiutano di farci l’abitudine alla prepotenza e alla prevaricazione.

Ho ancora davanti agli occhi le immagini violente che arrivano da Pisa che hanno scosso profondamente l’opinione pubblica e mi domando come sia possibile che dopo oltre un secolo ci si ritrovi di nuovo sopraffatti dalla violenza nel momento in cui ci si avvale del sacrosanto diritto di manifestare il proprio pensiero in un paese che si definisce democratico.

Nel mio lavoro, ho il privilegio e la fortuna di incontrare ogni giorno tanti giovani che condividono timori e preoccupazione riguardo la loro scelta per il futuro.

Li osservo mentre si raccontano, e certe volte il loro sguardo si perde lontano alla ricerca di un ideale nel quale credere, di un sogno da realizzare, di qualcosa che dia un senso al loro andare.

Cosa facciamo noi adulti per sostenerli, incoraggiarli, spronarli?

Il buon esempio si perde per strada, presi come siamo dall’urgenza di far funzionare le nostre vite complicate e faticose e nel frattempo loro agiscono da soli cercando di fare la cosa giusta.

Oggi a questi giovani che nessuno deve permettersi di giudicare, fermare, colpire, voglio dedicare l’Inno di Italia, anzi vorrei che ogni adulto si alzasse in piedi e con la mano sul cuore lo cantasse pensando a loro e alla loro meravigliosa urgenza di fare di questo mondo un posto migliore.

Amiche care, perdonate l’articolo un po’ accalorato, ma oggi mi porto nel cuore tanta amarezza per quanto accaduto, oggi avrei voglia di gridare: “Giù le mani dai giovani!” e se ne avete voglia fatelo anche voi, condividete questo articolo, condividete il vostro sdegno, abbracciate i vostri figli e nipoti, incoraggiateli, sosteneteli, ma soprattutto difendeteli.

Scritto nell’autunno del 1847
divenuto l’Inno nazionale della Repubblica Italiana il 12 ottobre 1946

– Inno di Mameli o Il canto degli Italiani –

 FRATELLI D’ITALIA
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò!
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò!
Uniamoci, amiamoci,
L’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò!
Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò!
Son giunchi che piegano,
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò!

13 pensieri su “Oggi come allora “Giù le mani dai giovani!”

  1. Patrizia Cordone

    Sig.a Fumagalli, sull’argomento ho letto tutta la rassegna-stampa delle maggiori testate giornalistiche, gli articoli di firme dalle più blasonate a scendere, i commentari social di “opinionisti” (leggasi: tuttologi) vari. Ebbene assieme alla dichiarazione dell’arcivescovo di Pisa e del comunicato-stampa di Mattarella, il Suo articolo merita per onestà morale e per convinzione civile autentica. Al di sopra delle parti e senza ideologismi. Complimenti.

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  2. Loredana De Carlo

    Ho la pelle d’oca in questo momento e le lacrime agli occhi 🥹🥹🥹 mio nonno è morto a 25 anni lasciando tre figlie (mia madre aveva due anni) in Albania, torturato,per fare di questo paese una Repubblica,😭a casa mia e per mia madre il 25 Aprile è il giorno del ricordo tra dolore e orgoglio, lo stesso percepito nella bellissima fiction Rai,condivido ogni tua parola e condivido lo sdegno per Pisa,per chi ha pensato più volte e proposto di eliminare il 25 Aprile ( perché quello che vogliono è anestetizzare le coscienze),per chi ieri ha firmato un accordo di sostegno per la Guerra in Ucraina “per 10 anni” allucinante ma vero.
    GRAZIE Giovanna!!
    Mi sento impotente difronte alla distruzione del futuro dei nostri figli,ma leggere questo tuo articolo mi ha dato speranza!!!!!!
    Buona domenica 💞

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    1. Cara Loredana, è proprio perché il pensiero corre alle persone come il tuo valoroso nonno che mi commuovo ogni 25 Aprile. Conserviamo la loro memoria, e raccontiamola ai nostri figli e nipoti affinché non venga dimenticato nemmeno il più piccolo sacrificio.

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  3. Complimenti per l’esaltazione dei valori calorosamente enunciati che condivido e per l’esortazione a occuparci maggiormente dei giovani, lasciandogli più spazio. Purtroppo tra gli ideali della costituzione e la realtà fotografata dall’Istat, in cui viene denunciato che i giovani classificati per il 20% come deprivati, c’è un abisso. Siamo un paese per vecchi non è solo un modo di dire, anche se anche tra gli anziani ci sono grandi problemi di emarginazione. MI verrebbe da dire: allora siamo un paese per chi? Mi congratulo con te e con tutti quelli che nonostante tutto provano a fare qualcosa, ma in generale non vedo una tendenza economica e sociale positiva. Comunque viva i giovani!

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    1. MI verrebbe da dire: allora siamo un paese per chi?
      Ciao Daniele, queste parole destano tanto sgomento e preoccupazione, ma purtroppo corrispondono alla verità. Siamo in balia di forze politiche che non hanno a cuore il bene dei cittadini prima di ogni altra cosa e ciò è davvero triste. Ma mi consola pensare che ognuno di noi può veramente anche se nel suo piccolo provare a cambiare tante situazioni e io mi adopero senza arrendermi, ci puoi giurare!

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