Briciole d’amore

Pubblicato su Confidenze n. 23 giugno 2023

Amiche care, alla vigilia del mese che celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, mese ricco di eventi che hanno l’obiettivo di sensibilizzare ciascuno di noi su un tema così urgente, così ancora drammaticamente presente nel nostro paese, oggi vi propongo la lettura di una storia vera che fa riflettere, che ci racconta una drammatica verità: la violenza non sempre lascia tracce visibili, ma non per questo è da considerarsi meno grave, perché le ferite profonda che provoca, alle volte non basta una vita per rimarginarle.

In fondo al cuore, ma proprio in un angolo irraggiungibile dentro il quale mi sono sempre rifiutata di entrare, stava adagiato il pensiero che mio marito non mi avesse mai amato veramente. O perlomeno non come io avrei voluto che facesse.
Però c’erano tante cose in gioco, c’era il fatto innanzitutto che per sposarlo e vivere con lui ho lasciato la mia casa e la mia famiglia  mettendoci una distanza di 600 chilometri, e quando sono arrivata al suo paese avevo solo lui e la sua famiglia che ho dovuto imparare ad amare e accettare per non rimanere profondamente sola.
C’erano i nostri figli, da me fortemente desiderati e voluti, figli che hanno reso la mia vita meravigliosa, che mi hanno permesso di inserirmi nella comunità, di conoscere altre mamme, di uscire dal mio guscio per conoscere persone nuove.
Il mio paese d’origine, la mia famiglia che pur tornavo regolarmente a visitare, sono diventati un lontano ricordo, sbiadito come una cartolina vecchia e alla fine questa terra qui, l’ho amata come non avrei mai creduto di riuscire a fare.
Quando i figli sono un po’ cresciuti, ho anche trovato un piccolo lavoro perché mi piaceva l’idea di contribuire economicamente al benessere familiare, alle vacanze, a qualche piccolo regalo e qualche uscita in più in pizzeria o al cinema, tutte coccole che rendono la vita piacevole e regalano ricordi belli.
Sarebbe stato tutto perfetto se lui non mi avesse amata così poco.
Io mi accontentavo delle sue briciole d’amore, attribuendo il suo distacco e la sua freddezza al fatto che il lavoro lo assorbisse tanto, con quegli orari impossibili che ci impedivano di trascorrere insieme molto più tempo di quanto avrei desiderato.
Però non gli ho mai fatto mancare nulla.
Io c’ero quando usciva la mattina presto  quando rientrava la sera tardi , c’ero ogni volta con un sorriso, un gesto d’affetto.
Ho cresciuto i miei figli da sola senza farglielo pesare un solo giorno anche se certi momenti avrei sbattuto la testa contro il muro talmente pesanti erano le responsabilità che gravavano sulle mie spalle.
Mia madre diceva che era questa qui la vita, che l’avevo scelta io e dovevo trovare il modo di starci dentro, che c’era di peggio, che alla fine a parte un po’più d’amore, non mi mancava proprio niente.
Sono andata avanti così per 25 anni e nonostante tutto sarei andata avanti per altri 25, perché alla fine mia madre aveva ragione, avevo un tetto sopra la testa e una stabilità economica non indifferente.
Poi però è accaduto che sei mesi fa mio marito ha chiesto la separazione.
Allora lì si che il mondo mi si è veramente sbriciolato tra le mani. E’ stato in quel momento che ho capito che avevo costruito la mia vita, la mia relazione, la mia famiglia, sopra un enorme bolla di sapone che mi ero illusa di riuscire a tenere sospesa in aria per sempre.
Credevo che bastasse uno dei due a far funzionare le cose, ma una relazione è fatta di dare e avere, e anche se chi da non pretende nulla in cambio ed è disposto a qualunque sacrificio, prima o poi, quella bolla scoppia.
All’inizio è stato devastante. Gli ho detto che mai e poi mai gli avrei permesso di distruggere la nostra famiglia, che ero disposta a tutto pur di rimanere insieme e lui, che il pensiero di ritrovarmi sola in quel grande letto, anche se mi aveva sempre cercata così poco, mi toglieva letteralmente il respiro.
L’ho implorato di rimanere, avrei accettato ancora e ancora quelle briciole d’amore che improvvisamente mi sembravano intere forme di pane rispetto a quello stavo rischiando di perdere.
Ma lui è stato crudelmente irremovibile.
Mi ha detto chiaramente che non mi ama più, che sta invecchiando, che vede scivolare via i suoi giorni e vuole concedersi un’opportunità di essere felice, cosa che in realtà non è mai avvenuta in questi anni.
Più parlava e più il cielo sopra di me pareva abbassarsi come una cappa che avrebbe finito per soffocarmi.
Ho provato a parlare anche con la sua famiglia di origine, ma è stato inutile.
Di colpo sono tornata ad essere la straniera che veniva da una altro paese, come se 25 anni fossero stati spazzati via da una folata di vento.
Con la stessa facilità con la quale mi avevano accolta, ora mi stavano liquidando.
All’inizio ho provato a coinvolgere anche i miei figli, fate ragionare papà vi prego, ma è bastato poco per capire che stavo sbagliando direzione.
Una delle due si è apertamente schierata con suo padre, l’altra mi ha fatto capire che al posto mio se ne sarebbe già andata da un pezzo piuttosto che rimanere con un uomo che non la amava.
Non sapevo dove sbattere la testa, ma non volevo arrendermi.
In quelle settimane ho dato il peggio e il meglio di me in famiglia.
Sono diventata ancora più accondiscendente, più disponibile, non facevo mancare nulla, lavavo, stiravo, facevo la spesa, preparavo ricette speciali, dolci, proponevo uscite domenicali per trascorrere del tempo insieme.
Lui mi aveva giurato che non c’erano donne all’orizzonte e io mi ero detta, dunque posso ancora combattere.
Quando ci penso mi viene la nausea al pensiero di essere caduta così in basso.
Poi un pomeriggio, mentre prendevo un caffè con un’amica, e mi sono lasciata sfuggire qualcosa,  non troppo per un profondo senso di vergogna, lei mi ha suggerito di rivolgermi a un centro antiviolenza.
Sono saltata sulla sedia.
“Ma cosa dici ? Mio marito non ha mai alzato un dito su di me”.
“La violenza non è solo fisica, Maria, a volte la violenza verbale è peggio. Quante volte ti ha detto che sei la causa della sua infelicità, che non sai fare niente? Che con te ha buttato via i migliori anni della sua vita? “
Tante, troppe.
Avevo sempre lasciato entrare quelle parole facendole scivolare in un angolo di cuore abbandonato.
Non lo pensa veramente, mi dicevo.
“Non è niente di che” ha incalzato la mia amica, “è un sorta di gruppo di mutuo aiuto dove ognuna si racconta e ti assicuro che ascoltare le storie di altre donne aiuta davvero tanto a guardare la propria da un punto di vista diverso”.
Non ci ho dormito la notte, poi il pensiero di avere finalmente qualcuno con cui parlare era talmente forte, che alla fine ci sono andata.
All’inizio mi sono sentita un po’ a disagio, ascoltavo storie di violenza che mi facevano accapponare la pelle e mi sentivo totalmente inadeguata.
Dopo aver ascoltato la storia di Stella, un pomeriggio durante l’ultimo incontro, non sono riuscita a tacere e le ho chiesto: “Perché subisci tutto questo? Perché non te ne vai?”
Lei mi ha guardata un momento e poi mi ha sussurrato: “E tu? Tu perché vuoi rimanere con un uomo che non ti ama, non ti stima, non ti vuole più? Tu perché non te ne vai?”.
Un pugno nello stomaco mi avrebbe fatto meno male.
Credo che la mia risalita verso la dignità sia cominciata quel giorno lì, anche se al momento non me ne sono resa conto.
Poi nei giorni a venire, senza rifletterci troppo, ho cominciato a tirarmi indietro, a non concedere più nulla, a pensare a una nuova possibilità di ricominciare, che non era solo un diritto di mio marito, ma anche mio, perché alla fine, ho realizzato che anch’io non ero felice e non avevo fatto niente per meritarmi tutto questo.
Grazie all’Associazione, ho contattato un avvocato che mi ha raccontato di diritti (molti più di quanto non credessi ) e di doveri e ho iniziato anche un percorso con una psicologa che mi ha aiutata a dare una spiegazione a tanti miei comportamenti.
E una mattina davanti a un caffè troppo bollente per essere bevuto di corsa, mentre lui guardava il cellulare distante da me anni luce, gli ho detto che sì avrei concesso la separazione, ma a certe condizioni.
Mi ha guardato sorpreso, e ho capito che in realtà non è che avesse tutta sta fretta di andarsene, perché gli faceva comodo essere servito in tutto e per tutto.
Ma io ero un’altra persona quel giorno lì, e quindi gli ho presentato le mie richieste: che se ne andasse di casa, che continuasse a passare gli alimenti, che la smettesse di insultarmi gratuitamente.
Inutile dire che ora è in corso una battaglia legale che non so ancora dove ci porterà. Io non sarei mai partita, ma adesso che ho iniziato il viaggio, non ho nessuna intenzione di fermarmi, anche se quando mi capita di pensare che la mia famiglia sta andando a pezzi, sento il cuore stringersi fino a farmi male e tutto assume il sapore del fallimento.
Ma dalle ceneri di questa storia voglio ricostruire qualcosa di bello e lo farò.
“Mi sembri un’altra persona, non ti riconosco più”.
Mi ha detto l’altra sera.
Nemmeno io, ho pensato. Per fortuna.

8 pensieri su “Briciole d’amore

  1. Questo tuo post suscita grande commozione, in me in modo particolare, ho vissuto personalmente questo fallimento, anche se da un altro punto di vista. Privilegiando il punto di vista femminile, si deve osservare che prendere la decisione di andarsene non è mai una cosa semplice, come potrebbe apparire a chi non vive questi drammi. C’è il problema della casa, uno dei due coniugi se ne deve andare, in Italia più che in altri paesi, è un fattore molto limitante. Molti sono costretti dalle circostanze a continuare a vivere sotto lo stesso tetto, con grande sofferenza. L’aspetto economico è ancora più importante, se una donna non ha un lavoro è molto difficile reinserirsi, non dipendere da sussidi che gli ex mariti a volte non ripettano.

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