Ho sempre sentito dentro di me che non avrei mai dovuto accogliere animali nella mia casa, nella mia vita, soprattutto nel mio cuore. Eppure l’ho fatto più volte.
Come so che le caramelle rovinano i denti eppure le mangio, che il tiramisù fa ingrassare ma non ci rinuncerei mai, che l’acqua naturale è più sana di quella frizzante. La gente pensa che le persone che si trascinano dietro abitudini alimentari, di sonno o di vita scorrette, abbiano bisogno di essere rieducate. In realtà, la teoria la conoscono benissimo, ma la verità è che vogliono essere libere di commettere errori, perché dagli errori si imparano un sacco di cose e a volte è proprio grazie a loro che arrivano sorprese inaspettate nella nostra vita.
Quindi, perfettamente consapevole di tutto questo, ho accolto un cane, due gatti, una tartaruga, e persino due galline. Ho avuto anche un criceto per due anni e quando se ne è andato, in famiglia abbiamo pianto tutti e l’abbiamo sepolto con dignità e dispiacere.
Sono convinta che la morte faccia parte della vita e quel momento di dolore, di perdita, di dispiacere, che inevitabilmente prima o poi arriva, non ci farà dimenticare tutto il tempo trascorso con loro, tutti i momenti belli che rimarranno per sempre nella scatola del cuore, rendendo un po’ più lieve il vivere, soprattutto nei giorni duri.
Naturalmente un conto è la teoria, e un altro la pratica.
Quindi ieri, dopo una giornata trascorsa fuori casa per una festa di famiglia, quando al mio ritorno ho chiamato i miei gatti e Bijoux non si è presentata all’appello come fa ogni volta, al nostro ritorno, l’ansia ha cominciato piano piano ad assalirmi. Chi possiede un gatto sa che prima o poi deve fare i conti con questi mancati ritorni.
Un gatto non è un cane, è un animale libero, indipendente, che fa ritorno a casa solo se gli dai un buon motivo per farlo, come del buon cibo, una cuccia morbida, tante coccole. Ma se comincia a dare la caccia a una talpa, un topo, un uccellino, dimentica tutto: che tu lo stai aspettando ad esempio o che tornando troverà buon cibo e un giaciglio comodo, perché la sua indole cacciatrice ha la priorità su ogni cosa. I gatti hanno una loro vita che non è la nostra, e non ci è dato di conoscerla e qualche volta quando se ne vanno, c’è soltanto una cosa che possiamo fare: aspettare il loro ritorno.
Che alla fine se ci pensi, è un po’ come con i nostri figli.
Quando mi sono resa conto che nonostante tutti i miei richiami non sarebbe tornata, e oltretutto si stava facendo buio, la preoccupazione ha cominciato a togliermi il respiro.
Tutto questo naturalmente senza lasciar trapelare nulla a mio marito che pur amando i nostri animali, molto più saggiamente di me si è seduto sul divano e ha acceso la TV ricordandomi che i nostri gatti in realtà, non sono poi così “nostri” visto che fanno quello che vogliono e su di loro non possiamo esercitare nessuna autorità. Ma io non mi davo pace.
Ho chiamato i vicini, che mi hanno aperto il loro garage, nel timore che si fosse infilata dentro, perché si sa, i gatti sono anche molto curiosi, ma niente. Ho lanciato un appello su whatsapp alle mie sorelle gattofile chiedendo un po’ di conforto, perché un’altra cosa che ho imparato, è che puoi parlare di gatti soltanto con chi li ama almeno quanto te, altrimenti ti prendono per matta.
Alle 23.30, rassegnata ho chiuso le persiane. Poi è arrivata la notte con l’insonnia e la preoccupazione a farla da padrone: mio marito dormiva pacifico accanto a me e io non mi davo pace continuando a girarmi e rigirarmi nel letto.
Per consolarmi un po’ho ricordato la sua storia: il primo giorno in cui l’abbiamo incontrata, cinque anni fa, è stato amore a prima vista: un batuffolo tigrato che era stato abbandonato in un sacchetto di plastica insieme ai suoi fratellini.

L’anno dopo è diventata mamma di quattro micini stupendi,

uno dei quali, Timoty

è rimasto con noi, essendoci mancato il coraggio di portarglieli via tutti L’abbiamo chiamata Bijoux perché ci sembrava, in quel momento, la cosa più preziosa che potessimo avere.
Non mi è mai salita in grembo facendo le fusa, ma se sono a letto con il mal di testa o l’influenza, lei si acciambella vicino a me e non si muove per tutta la giornata, quasi a volersi prendere cura della sottoscritta.
Una gatto non ti farà mai le feste che ti fa un cane al tuo ritorno, ma se impari a conoscerlo sai che se ti viene incontro e tiene la coda dritta è il suo modo di dirti: “Sono contenta di vederti”.
Certe volte mi domando cosa pensi di noi umani, sempre in movimento sempre trafelati, mentre si gode lo spettacolo acciambellata su un morbido giaciglio, felice e appagata di ciò che la vita le offre ogni giorno: buon cibo, qualche carezza, passeggiate, e lunghissime dormite.
Sono le cinque e mezza quando il mio cane ci sveglia abbaiando furiosamente. Come una molla salto giù dal letto e corro ad aprire le persiane. Eccola lì, in forma più che mai, non perde occasione di strusciarsi contro le mie caviglie sperando di ricevere qualcosa di buono. “Ma come?” le dico “Non sei morta, né ferita né sanguinante, né dispersa chissà dove?”
“Diciamo che la passeggiata si è protratta un po’ più del solito” sembra volermi dire con il suo miagolio, “poi sai com’è, un topolino tira l’altro, la brezza della primavera, il sole caldo, mi sono addormentata all’ombra di un ciliegio e il tempo è passato velocemente”.
Non so se strozzarla o riempirla di carezze. Poi decido per la seconda opzione, ma Bijoux ha fame e si divincola rapidamente. Nemmeno una carezza, insomma sei o non sei il mio gatto? Da qualche parte una volta ho letto che non si possiede mai un gatto. Semmai si è ammessi alla sua vita, il che è senz’altro un privilegio.
Rassegnata chiudo la finestra e mi accingo a sfamarla.
Per le coccole ci sarà tempo più tardi. Forse. Se lei vorrà.
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