Un cero per la mia amica Irene

Chi mi conosce lo sa che quando c’è una persona preoccupata perché in procinto di affrontare un momento difficile, io accendo un piccolo cero.

E’ una consuetudine che ha origini lontane, che ho visto fare a una amica preziosa che porta il mio stesso nome, dalla quale ho imparato una lezione importante che non ho mai dimenticato: che per le persone che soffrono, è di grande conforto sapere che c’è qualcuno che le pensa e le accompagna per tutta la durata della prova che dovranno affrontare.

Accendere un cero è un gesto sacro, che per me ha un profondo significato perché è capace di esprimere molto più di quanto possano fare le parole: ogni volta che il mio sguardo cade su di esso, io ricordo quella persona, le dedico una preghiera, una parola, un pensiero, e mi sembra in questo modo di esserle più vicina.

Il cero che arde in casa mia da ieri mattina, l’ho acceso per la mia amica Irene che in queste ore sta lottando sospesa tra la vita e la morte dopo aver subito un intervento molto delicato.

Di lei, vi avevo già raccontato la storia in questo blog, e se per caso vi trovate in un momento della vostra vita in cui avete bisogno di un esempio di coraggio e determinazione, vi invito ad andare a rileggerla ancora una volta.

Ho avuto occhi anche per te

Irene è non vedente dalla nascita, ma questo non le ha certo impedito di fare della sua vita un capolavoro: si è costruita negli anni una fortezza di amicizie e di affetti nella quale ha sempre vissuto con grande serenità.

Ma il destino non ha ancora finito di chiudere i conti con lei e oggi, le ha messo davanti senza troppe spiegazioni, un altro muro da superare.

Io non riesco a scrivere una pagina dentro il mio blog pensando che lei non potrà condividerla per prima come ha sempre fatto, pensando che non mi chiamerà la domenica mattina per dirmi che le è piaciuta tanto.

Non riesco a credere che il Cielo possa ancora pretendere tanto dolore da questa donna.

Quindi mi limito a fare l’unica cosa che ciascuna amica farebbe quando ha il cuore gonfio di tristezza e le lacrime le impediscono di guardare lontano: scrivo alle mie amiche, cerco conforto e chiedo loro di accendere un cero per la mia amica Irene.

Amica, non arrenderti, raccogli quel poco di forza che ti è rimasta, arrampicati su quel muro, arriva in alto e poi lasciati cadere, che noi saremo lì ad avvolgerti in un grande abbraccio.

Ciao Ire torna presto, che ho tante cose da raccontarti.

Qui e ora

Oggi celebro così i nostri 29 + 2 anni di matrimonio, con un brindisi che mi ricordi quanto siamo stati felici tu ed io, e con una storia scritta per Confidenze che faccia un po’ pensare alla fugacità dei nostri giorni.

Buon anniversario amore mio .

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La famiglia che vorrei

pubblicato su Confidenze n. 22 Maggio 2019

“Ma di una cosa sarei sempre stato convinto:
qualunque cosa fosse successa, io avrei sempre saputo a chi rivolgermi.
E questa è la migliore definizione di famiglia che mi venga in mente”.

Non sono una cattiva persona.
Ho una laurea in economia, un lavoro di responsabilità, dirigo un’azienda che mi da’ grandi soddisfazioni.
e tutto quello che ho raggiunto me lo sono guadagnato con fatica e con impegno. Davvero, non sono una cattiva persona.
Solo che dopo anni di terapia ho capito che nessuno mi ha insegnato ad amare.
I miei genitori non hanno mai avuto tempo per me, si sono separati quando avevo cinque anni  e mi hanno affidato fin da piccolo a tate, scuole a tempo pieno, vacanze studio all’estero. Non ho imparato a capire cosa significa donarsi all’altro, crederci veramente, costruire qualcosa e prendersene cura.
Non fino quando ho incontrato Chiara.
Svegliarsi la mattina, trovarsela accanto, credere che sei importante per qualcuno e  provare un enorme senso di gratitudine. Abbiamo una bambina, Federica che ha sei mesi, e poi c’è Mattia che ha sette anni.

Raccontata così sembrerebbe una storia perfetta.

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