Come un fiore spezzato

Pubblicato su Confidenze n. 13 Marzo 2017

Solo perché mamma e papà non si vogliono più bene,
non significa affatto che non ne vogliano ai loro figli”.
Mrs Doubtfire

Due settimane. E ancora mi succede di faticare a prendere sonno perché la testa mi scoppia di pensieri, da quando ho scoperto che la mia vita non sarà mai più quella di prima.

E’ pazzesco se penso a come possano cambiare certi scenari all’improvviso.

Ieri ero una quindicenne spensierata, fiera del mio percorso scolastico costellato di buoni voti, con l’unica preoccupazione di pensare a cosa fare del mio futuro, una ragazza innamorata della vita, del suo ragazzo e della sua famiglia.

Una ragazza che credeva che il mondo alla fine fosse sempre e comunque il posto migliore nel quale vivere.

Poi, un giorno questo mondo mi è caduto addosso ed è andato in mille pezzi.

Perché mio padre se ne è andato, ha lasciato moglie e figlia con un messaggio scritto in whatsapp e inviato al gruppo che noi chiamavamo Family.

All’inizio ho pensato a uno scherzo, ho chiamato subito papà ma il cellulare era spento. Allora ho chiamato la mamma e lei era sconvolta quanto me. Mi ha chiesto di tornare a casa che avrebbe chiamato i carabinieri perché quel messaggio non aveva alcun senso.

Abbiamo fatto in fretta a renderci conto che invece di senso ne aveva fin troppo. Perché al nostro arrivo ci siamo accorte che lui aveva portato via tutta la sua roba.

“Ho bisogno di ritrovare me stesso, i miei spazi, coltivare i miei interessi, non posso più sacrificare la mia vita per voi”.

Lui era il padre migliore del mondo.

Per me c’era sempre, per il gioco, per lo sport, per lo studio, sempre.

E non so se mi basterà una vita per superare questa cosa.

Per giorni sono stata rinchiusa in camera da letto con le orecchie tappate per non sentire i singhiozzi di mia madre, per non entrare nella sua testa e nei suoi disperati pensieri.

Mi sentivo sprofondare dentro un buco nero, un fiore spezzato che nessuna terra buona potrà mai più guarire.

“Pam ci sei? Mi stai ascoltando?”

Pietro, l’amore della mia vita, compagno di studi e testimone del mio dolore, cerca di distrarmi, ma io non riesco a pensare ad altro. Ogni volta che mi vede silenziosa, mi richiama al presente, mi infonde un po’ della sua forza perché io non ne possiedo più.

Nel giro di un momento, la mia vita si è accartocciata, e la terra sotto i miei piedi, fino a quel momento così stabile, è diventata come una palude che mi inghiotte senza speranza.

La rabbia ha raso al suolo il dolore, ma è più difficile da gestire e le lacrime non ne vogliono sapere di alleviare un po’questo cuore pesante .

Continuo a domandarmi perché, analizzo i miei comportamenti, mi domando se in qualche modo posso aver contribuito a quanto è accaduto.

Pietro dice che non sempre le ragioni per cui una coppia si separa sono chiare, a volte si accumulano così saldamente le une sulle altre, che alla fine uno non se le ricorda nemmeno più, ma ormai hanno consumato tutto l’amore che c’era.

Lui mi scrive, mi dice che vuole incontrarmi, che è pronto a darmi spiegazioni, ma io non gli rispondo nemmeno.

Piano piano mia madre ed io abbiamo cercato di tirarci in piedi, di guardare avanti anche se il futuro ci spaventa perché è da costruire da zero.

Dietro insistenza di mia madre ho ripreso a frequentare la scuola e anche la palestra perché come dice Pietro, non posso rimanere in stand by con la mia vita per sempre.

Ho praticato per tanti anni la ginnastica artistica ed è uno sport che amo moltissimo.

Mi piace stare con le mie compagne, sono così esuberanti che mettono il buonumore.

Oggi al termine degli allenamenti si è avvicinata Serena, la più giovane di tutte, e mi ha chiesto se avessi un minuto per lei.

Si è seduta accanto a me nello spogliatoio e mi ha detto:

“Senti, ho saputo che tuo papà se ne è andato”.

Forse una doccia gelata mi avrebbe fatto meno effetto.

“Scusa non voglio farmi gli affari tuoi, ma sai non si parla d’altro con le ragazze e siccome ci sono passata anch’io, ecco volevo solo dirti che tu non hai nessuna colpa e che ogni giorno farà un po’meno male”.

Ha parlato tutto d’un fiato non so se per il timore di non essere ascoltata o perché si era preparata il discorso e voleva essere certa di portarlo a termine.

Non so cosa dire.

Vorrei sapere chi si è permesso di mettere in piazza la mia vita privata, vorrei dirle che non ho bisogno dei suoi consigli, che in realtà sto superando benissimo la cosa, ma non ci riesco.

Perché tutto quello che riesco a pensare è che questa ragazza ha vissuto quello che sto vivendo io ed è anche più giovane di me. Non è giusto accidenti, non è giusto.

“Serena, mi dispiace non lo sapevo, mi dispiace veramente”.

Lei mi guarda e sembra stupita.

“No, non hai capito, non sono qui per farmi consolare, io sto bene, da quando frequento il Gruppo di Parola per figli di genitori separati, ho davvero capito un sacco di cose…”

“Aspetta, cos’è che frequenti scusa?”

“Il Gruppo di Parola per figli di genitori separati. Sì all’inizio anch’io quando ho sentito il nome mi è venuto da ridere, figurati, incavolata com’ero, non avevo proprio voglia di parlare con nessuno. E’ stata la mia insegnante di lettere a parlarmi di questo progetto e chiedermi se volevo provare, poi ha parlato con i  miei genitori e alla fine mi sono detta “cos’altro può esserci di peggio dopo quello che è successo alla mia famiglia?”

“Di cosa si tratta esattamente?” le domando spinta dalla curiosità.

Mi racconta che si tratta di una serie di incontri per bambini dai 6 ai 12 anni che hanno subito la separazione dei loro genitori e che con l’aiuto di persone esperte, si possono confrontare tra loro rispetto a questa cosa, parlare dei loro vissuti rispetto alla separazione, esprimere i loro sentimenti, la rabbia, la tristezza, i dubbi, le difficoltà che incontrano per la separazione di papà e mamma. 

“E cosa fate?”

“Mah, tante cose, disegni, attività, giochi, la cosa bella è che c’è sempre qualcuno che ci ascolta davvero, che sembra proprio interessato a noi. Mi spiace che tu sia troppo grande per queste cose, secondo me ti sarebbe piaciuto, perché alla fine capisci tante cose”.

“E tu cos’hai capito?”

Lei sospira, mi guarda con immensi occhi blu che secondo me hanno già visto troppo  per la sua giovane età.

“Te l’ho detto, capisci che non è colpa tua se loro non si amano più e soprattutto che continueranno ad amarti anche se non come marito e moglie.

Capisci che non ci saranno più vacanze insieme probabilmente, né feste di Natale o compleanni, ma ne potrai avere due di tutte queste cose, anziché una soltanto, se farai pace con i loro limiti. Insomma i nostri genitori non sono perfetti e noi possiamo essere migliori di loro”.

Piccola, grande Serena.

All’uscita dalla palestra decido di chiamare mio padre, e ci diamo appuntamento in un bar, è tempo di parole, adesso.

Un’altra donna. Alla fine di questo si trattava. Altro che desiderio di pensare a se stesso e ritrovare il suo tempo. Che squallore.

Però mi pare che l’aria si sia fatta più leggera adesso. Ha ragione Serena, noi possiamo essere migliori dei nostri genitori, o quanto meno provarci.

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