CHIARA
“Che diavolo succede adesso?” domando nervosamente.
“Sta calma, sembra un black out, vado a bussare alla camera accanto, torno subito” mi dice Andrea.
Il buio mi fa paura. Da sempre. Una paura atavica che mi porto dentro da quando ero piccolissima.
Più mia madre si ostinava a non lasciar la lucina accesa in camera mia la notte, e più mi terrorizzava il pensiero di essere circondata da ombre spaventose.
“Andrea dove sei? No, non lasciarmi sola ti prego” il tono della mia voce è quasi stridulo, ma faccio veramente fatica a controllarmi in questo momento.
Al buio mi sento vulnerabile, come se crollassero di colpo tutte le mie barriere di difesa.
“E’ andata via la luce, sarà per colpa della neve, se vuoi do almeno un’occhiata in corridoio”
“No, non uscire, non ci deve vedere nessuno. Se è andata via la luce tornerà prima o poi”.
Mi manca il respiro, sto perdendo la concentrazione, sento l’ansia arrivare da lontano come un’onda che sta per travolgermi, Dio mio HO PAURA, qui seduta su questo letto sento il coraggio venire meno.
Sento i passi di Andrea che con cautela viene verso di me, si siede sul letto e poi lentamente, comincia a massaggiarmi la schiena.
Piano piano riprendo il controllo del respiro, so che durerà poco, ma non voglio rovinare questo momento.
ANDREA
Sono quasi due ore che ce ne stiamo qui sul letto nel buio più totale.
Le contrazioni di Chiara sono regolari, ormai le ha ogni 5 minuti.
E’ sudata, cerca di controllare il respiro e mi domando come ci riesca, visto che sta tremando come una foglia. Lo so che ha paura del buio e questo black out proprio non ci voleva accidenti.
Mi è venuto naturale sedermi accanto a lei e massaggiarle la schiena e mi sa che c’ho azzeccato perché stavolta mi ha lasciato fare. Avrei così tanto da dirle, ma non credo che sia il momento giusto.
Vorrei giurarle che non la lascerò mai più sola, che mi dispiace per tutto quanto e che qualunque cosa accada io non scapperò.
Avrei dovuto dirgliele prima queste cose e invece sono nove mesi che non facciamo altro che farci del male, che covare dentro una rabbia che arriva da lontano, a ferirci con parole crudeli e bugiarde, incolpandoci reciprocamente di tutto quello che è successo.
Questo bambino non ci voleva, siamo così giovani, io non sono proprio capace di crescere un figlio, a malapena mi prendo cura di me stesso figuriamoci. E poi Chiara aveva già deciso per entrambi.
“Non posso più abortire, sono troppo avanti con la gravidanza”.
“Merda. E quindi cosa possiamo fare?”
“Lo partorirò, ho tutto il tempo necessario per documentarmi su come si mette al mondo un bambino, e quando sarà nato tu te ne sbarazzerai”.
“Tu sei pazza” avevo risposto incredulo.
Ho sperato fino all’ultimo di farle cambiare idea, mi sono scervellato cercando un’altra via d’uscita, ma pareva che nulla andasse bene, si è messa in testa questa mossa criminale e ora che siamo a un passo dal metterla in atto, io non sono affatto sicuro di potercela fare.
La luce che torna all’improvviso ci acceca ma ci rincuora. Guardo Chiara sorridendo, ma il sorriso mi si congela sulla faccia, perché il letto è completamente bagnato.
CHIARA
Ogni suo massaggio è come una richiesta di perdono. Lo so che mi avresti voluta più fragile per poterti prendere cura di me, ma ho imparato da sempre a contare solo su me stessa e a cavarmela da sola in ogni situazione. Sei stanco e preoccupato, lo vedo, ma so anche che sei un bravo ragazzo e non scapperai da me qualunque cosa accada.
Qui nell’oscurità più profonda riesco a immaginare per la prima volta i lineamenti di questo bambino che mi porto dentro da nove mesi e qualcosa di molto simile a un singhiozzo mi sale in gola rapido e doloroso.
Non ho mai pensato a lui come a mio figlio. Non gli ho permesso di rubarmi i sentimenti, non ha mai avuto un volto, Né un colore di occhi o chi capelli, né tantomeno l’ho mai chiamato per nome.
Ricordo che quando l’ho sentito muoversi per la prima volta con un sfarfallio improvviso e impercettibile, ho chiuso gli occhi e le orecchie cercando di sopravvivere a quel momento di dolore e disperazione.
Tu non sei niente per me, assolutamente niente, sei una zavorra che mi pesa dentro e che appena posso butterò fuori.
Non ti muovere, stai fermo, non disturbare il mio sonno, i miei sogni e i miei pensieri.
Non ti ho cercato e non ti ho voluto, ho ben altro a cui pensare in questa vita.
Come a ribadire la sua presenza, lo sento scalciare ancora una volta, mentre un liquido caldo mi scorre tra le gambe.
Finalmente la luce è tornata.
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