ISABELLA
Corre a perdifiato nella notte, incurante dell’oscurità che pare volerla inghiottire, ad ogni respiro il fiato corto le esce dalla bocca formando dense nuvole di vapore caldo e una fitta intensa alla milza le rammenta di essere ancora viva, nonostante tutto.
Si passa le mani tra i capelli intrisi di umidità per allontanarli dagli occhi, poi si tocca il labbro inferiore e lo sente gonfio e tumefatto, segno tangibile che quello che sta vivendo non è un incubo, ma la più terrificante delle realtà.
La borsa a tracolla batte ritmicamente sulla coscia destra, come a scandire il tempo e i piedi sembrano affondare ad ogni passo nel terreno sconnesso e cedevole.
Giunge davanti ad un bivio e si costringe a fermarsi un istante, si piega leggermente in avanti, poggia le mani sulle ginocchia nel tentativo di riempire i polmoni d’ossigeno, poi si guarda furtivamente alle spalle e riprende a correre proseguendo verso destra.
“Dove accidenti mi trovo?” pensa.
Uscendo di casa poche ore prima, si era diretta alla fermata degli autobus, troppo sconvolta per poter guidare, e aveva acquistato un biglietto per la destinazione più lontana.
Dopo due ore di viaggio, era scesa e senza esitare aveva cominciato a correre, convinta che presto lui si sarebbe svegliato e l’avrebbe cercata fino in capo al mondo.
“Stavolta non torno indietro” pensa tra sé “ ho ventanni maledizione se voglio posso continuare a correre per ore, non lascerò che mi riporti con sé, non questa volta”.
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