Pubblicato su Confidenze N: 1 Dicembre 2018
Aspettando Natale 🎅🏻 🎅🏻 🎅🏻 con la vostra famiglia
Di certezze ne ho accumulate poche sino ad ora.
D’altra parte avendo sedici anni non è che possa considerarmi un’esperta di vita.
Diciamo che mentre cerco di cimentarmi nel difficile mestiere di crescere, ogni tanto mi imbatto in qualche brutta delusione, o in qualche buona notizia e, a seconda della situazione in cui mi sono andata a cacciare, cerco di uscirne il più dignitosamente possibile.
Comunque, dicevo, certezze molto poche.
La prima è la musica, compagna di vita, rifugio quando la strada si impregna di solitudine e malumori. Quando mi immergo nell’ascolto di una canzone entro in sintonia con l’intero universo e non esiste niente che possa ferirmi. Non so come si possa vivere senza, io l’ascolto ogni volta in cui ne ho l’occasione e canto a squarciagola, quando sento che il cuore sta per scoppiare e ho la necessità di tenerlo a bada.
Da piccola utilizzavo una bottiglietta di plastica come microfono, poi, me ne sono fatta regalare uno serio e appena posso faccio partire la base e canto. Oppure mi siedo al pianoforte, fedele compagno da sempre e suono e canto quello che compongo.
Poi c’è l’altra certezza, che sta da sempre in cima alla classifica e non scende mai di posto, ed è la mia famiglia, la migliore che avessi mai potuto sperare di avere.
E per famiglia non intendo soltanto quella composta dai miei genitori e dai miei fratelli, io mi riferisco alla famiglia allargata, ai nonni, agli zii e ai cugini, estesa folla di persone con la quale sono cresciuta.
Quando sono venuta al mondo, ultima di undici nipoti, me la sono ritrovata già confezionata: il nonno e la nonna, quattro zii con mogli, mariti e una buona quantità di cugini. Crescendo mi sono domandata più di una volta come avessero fatto i miei nonni a formare una così bella e solida famiglia.
Ci scorreva tanto di quell’amore lì dentro, che più di una volta ne sono rimasta sopraffatta.
Tutti c’erano sempre gli uni per gli altri, una gara di generosità e sostegno da fare concorrenza a un’associazione di beneficenza.
Essendo l’ultima arrivata, ammetto di avere goduto di enormi vantaggi: i cugini già grandicelli mi hanno viziata e coccolata, riuscendo quasi a convincermi che davvero la vita fosse qualcosa di meraviglioso e spensierato. Insomma c’era veramente da esserne fieri sempre e comunque.
Ma c’è sempre stato un momento speciale durante l’anno in cui ci si ritrovava per esprimere profonda gratitudine per tanta generosità di affetti ed era la sera della vigilia di Natale.
Fino a quando c’è stata la nonna, l’appuntamento era a casa sua, poi quando è mancata lei, la mamma ha raccolto il testimone e l’appuntamento si è spostato nella nostra taverna: una spaghettata, una fetta di panettone, una preghiera e infine l’apertura dei regali. Piccoli pensieri, ma nessuno rimaneva senza.
E poiché quella era considerata un’occasione di debutto e presentazioni ufficiali di nuovi amori, negli anni ho visto avvicendarsi volti nuovi di fidanzati e fidanzate delle quali ho conservato solo uno sbiadito ricordo.
Io non vedevo l’ora di godermi quel momento più del giorno di Natale.
Possono togliermi tutto, pensavo, ma la festa della vigilia di Natale con i miei parenti non si tocca.
E così è stato per i primi quindici anni della mia vita.
Ricominciare a fare festa dopo la morte della nonna è stata dura, e quando un giorno d’estate di quest’anno è mancato anche il nonno, il cielo sopra di me si è abbassato di un altro palmo.
Dopo la perdita della nonna, lui ci ha tenuto compagnia per sei lunghi anni, un regalo immenso considerato che ne aveva già ottantadue. All’inizio l’impressione era che l’intera famiglia si fosse stretta intorno a lui per proteggerlo da quel grande dispiacere, in realtà è bastato poco per renderci conto che era lui ad elargire forza ed energia a piene mani senza risparmiarsi.
Con fili invisibili ha tessuto una ragnatela di affetti, ricordi, e saggezza che ci hanno permesso di vivere con serenità fino a quando, arrivato anche il suo giorno, ci ha lasciato per tornare dalla sua amata Maria.
Avere un nonno fa bene al cuore, ti rende speciale, ti fa sentire amata come nessun altro riuscirebbe. Lui è sempre stato fiero di me, mi ascoltava cantare e mi diceva “Ma che brava Silvia, diventerai famosa!” E se lo dice il nonno, alla fine un po’ ci credi.
Il dispiacere si è mescolato con la delusione quando mi sono resa conto che quel cerchio di vicinanza e affetto che ci teneva insieme e che pareva indistruttibile, a poco a poco si è dischiuso come una danza triste e desolata.
Per la prima volta nella mia vita, la mia certezza, la mia famiglia, il porto sicuro dal quale chiunque avrebbe diritto di partire e fare ritorno ogni momento in cui ne sente il bisogno, è vacillata.
Quando la famiglia si sgretola, ti pare che la terra sotto i piedi venga a mancare, e quello che credevi duro asfalto si trasforma all’improvviso in una sabbia mobile nella quale fatichi a stare in piedi.
Quando mi sono resa conto che l’appuntamento della vigilia di Natale rischiava di saltare, il mondo mi è letteralmente crollato addosso, perché noi adolescenti siamo fatti così, sembra che non ci importi di niente e di nessuno, ma se si incrinano delle certezze, andiamo in crisi.
E visto che non ne venivo fuori da questo dispiacere, una sera a cena mia sorella mi dice con finta noncuranza: “Silvia ti ho iscritta a un concorso canoro natalizio”.
“Non se ne parla proprio, non ne ho affatto voglia”.
“Eddai Silvia sei così brava perche non provi”?
“Ho detto no, vacci tu”.
“Su su ti farà bene, almeno cancelli dal viso quell’ombra di malumore che hai da troppo tempo” ha concluso la mamma.
Nei giorni a seguire ci ho pensato e ripensato e mentre un giorno dicevo no, quello seguente un po’ mi veniva voglia. Alla fine ho ceduto, ho passato la selezione e tra cinque giorni ci sarà la serata finale.
Mi presento con l’ansia che parte dalla punta dei piedi e arriva fino alla radice dei capelli, ma ormai non posso più tirarmi indietro.
Ho preparato la canzone Happy Christmas di John Lennon che amo moltissimo.
Le ragazze prima di me sembrano perfette, e mentre mi domando come sono arrivata lì, ormai non c’è più tempo per la risposta, perché arriva il mio turno.
Salgo sul palco ed è a quel punto che li vedo, seduti tutti vicini, gli zii, i cugini, la mamma e il papà, che applaudono con entusiasmo e mi sale un nodo in gola.
Poi parte la base e io mi lascio condurre dove soltanto una canzone ti può portare, in un mondo parallelo fatto di magia, di momenti belli e ricordi sereni, e tutto diventa semplice.
Mentre canto penso ai miei nonni, al bene che mi hanno voluto, all’amore che hanno seminato lungo il corso della loro vita e che non dovrebbe andare sprecato, penso ai loro consigli, alle raccomandazioni, a tutto il patrimonio che hanno saputo elargire con gratuità. Penso alla famiglia che hanno costruito e di cui andavano così fieri, perché in fondo, è l’unico valore per il quale vale la pena rischiare tutto quanto.
Penso a tutto questo mentre un calore inaspettato e profondo mi riscalda il cuore e mi fa sentire infinitamente grata.
La parole di John Lennon cadono a pioggia sul pubblico come una benedizione, come il più bello degli auguri natalizi e mi tornano alla mente le parole di una frase che la mamma ha appeso in cucina e che ormai ho imparato a memoria:
“Avere un posto dove andare è una casa.
Avere qualcuno da amare è una famiglia.
Avere entrambi è una benedizione”.
All’improvviso non mi importa sapere come andrà a finire questo concorso.
Io ho già la mia vittoria, che è la certezza che qualunque cosa accada, non sarò mai sola.
Sarà una felice vigilia di Natale anche quest’anno nonno, non preoccuparti.
Molto bello questo racconto! Mi hai fatto pensare a quando anche noi ci ritrovavamo tutti intorno a mia nonna materna, l’unica dei nonni che ho conosciuto. Quando lei se ne è andata, non si sono più svolti quei grandi incontri. Molti zii sono morti e noi nipoti siamo dispersi un po’ ovunque…È davvero un peccato…
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Federica è vero, bisogna adoperarsi per mantenere vivi certi legami…
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Gran bel racconto. Ricordo anch’io i tanti bei tempi trascorsi in una grande famiglia, sia materna che paterna, di quando ero bambina. Sento una grande nostalgia oggi, essendo figlia unica e madre di figlia unica, e con i fratelli di mio marito in altre città, di quella famiglia allargata, con cui condividere e ritrovarsi, di quel senso di comunità che ti fa sentire meno solo e in qualche modo parte di qualcosa, che fuori è sempre più difficile trovare. Quando ancora oggi ci troviamo per le feste, mi sembra di tornare a casa, mi si riempie il cuore. Sono sempre stata un po’ preoccupata per mia figlia che ha vissuto poco di tutto questo (ma almeno un po’ con la famiglia di mio marito) ma spero che avendolo provato, abbia lo stimolo per cercare questo senso di comunità, per quanto impossibile, anche all’esterno, che trovi una famiglia, anche di non consanguinei, per godere di questa sensazione di nutrimento, di supporto, di unione.
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Patty ti capisco, lo spero tanto anch’io per i miei figli
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Bellissimo il tuo racconto che in molte parti è simili al mio, anche noi fino a quando c’era mia nonna ci riunivamo sempre da lei in 20 persone per il Natale dopo la sua morte tutto si è sgretolato e non c’è più quel Natale che ho vissuto per tanti anni
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Come ti capisco Rosanna!
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Che bello, cara! Mi hai proprio commossa! Che bella famigla e che affetti intensi! Anch’io vivo così gli incontri con i miei parenti, è sempre così calda l’atmosfera e ora che sono nonna e della generazione precedente è rimasta solo mia mamma ormai novantenne, ho preso io il testimone.
Allora, Buon Natale a tutti voi! e un pensiero a tuo nonno e alla tua nonna.
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Grazie Rossella!
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difficilmente leggo sino in fondo un racconto non mio e stavolta sono arrivato sino al Rispondi..una goduria stratosferica..devo dirti solo una parola BRAVA. Da parte mia odio il natale e le vare feste di raduno parentale per due motivi. Il primo risale alla mia adolescenza quando avevo la fidanzatina tredicenne e quando arrivavano le feste lei non usciva in quanto impossibilitata per riunione di famiglia. Il secondo e’ quello del tourdeforce gastronomo di tre giorni d’abbuffata consistenti nella vigilia, natale e santo Stefano, della rottura degli ambo terni quaterna, dei parenti serpenti e dei regali che finiscono in cantina inesorabilmente. Detto questo Ti auguro un Buon Natale e la cosa bella che vedo in Te e’ il mio compagno di nuotate Enrico er mejo.
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Ciao Carlo, il tuo commento mi ha davvero lusingata…grazie! E grazie per l’amicizia che ti lega a mio fratello…è preziosa. Un abbraccio e…buon Natale nonostante tutto!
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ricevo i tuoi auguri che ovviamente contraccambio e nel mio commento precedente non ho messo una motivazione che ci accomuna ed e’ riferita alla mancanza di mio padre avvenuta proprio in prossimita’ del Natale che io ricordo puntualmente nei miei blog https://carlobonzi.blogspot.com/2020/12/a-ugo-assenzapresenza.html e aggiungo un carico da 10 anche in occasione della prox fine d’anno https://carlobonzi.blogspot.com/2020/12/anno-bisestovattene.html. Sei una magnifica scrittrice e sai toccare il cuore delle persone e Ti rifaccio i complimenti per come esprimi le tue sensazioni …
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Ciao Carlo sono contenta di averti conosciuto e soprattutto di leggerti, mi piace quello che scrivi, mi tiene fortemente ancorata alla realtà 🤗, cosa che certi giorni fatico un po’ a fare
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meraviglioso tuo papà con Susanna…..
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