Ciò di cui hai bisogno

Pubblicato su Confidenze n. 48 Novembre 2019

Non so da quanto tempo sono qui imbambolata e sorridente davanti al tabellone dei risultati dei debiti esposti nella scuola che frequenta mia figlia Martina.

Lei è fuori seduta in auto ad aspettare, non ha trovato il coraggio di entrare e io tra poco uscirò da qui con una buona notizia, il debito di matematica è passato, finalmente si può guardare avanti.

Davvero la scuola è una giostra che gira e non si ferma mai, e chi vi sale a bordo si porta appresso tutta la famiglia nel bene e nel male, fino alla fine.

Martina è sempre stata una studente modello, brava a scuola e nello sport, una ragazzina come tante, con le sue amiche e i suoi piccoli amori.

Terminati gli esami di terza media si era iscritta al liceo scientifico, gli insegnanti erano perplessi, perché era brava, ma non così brava, mi avevano fatto capire.

Ma lei si era intestardita, altre compagne si erano iscritte e la scuola era così vicina a casa che la sua decisione ha fatto comodo anche a me.

“Mamma, ti prometto che darò il massimo”.

Adesso mi rendo conto che un buon percorso di orientamento scolastico forse le avrebbe dato una consapevolezza maggiore di sé e del suo potenziale, ma ammetto che questa scelta a suo tempo venne davvero sottovalutata dall’intera famiglia.

All’inizio sembrava che andasse tutto bene, Martina diceva di essere contenta della classe e degli insegnanti, ma la fatica e le aspettative di quella scuola si sono rivelate ben presto altissime.

I primi brutti voti non hanno tardato ad arrivare e ciò naturalmente ha creato subito malumore generale. Ma non era soltanto quello, lei faticava a inserirsi in classe, a legare con i compagni e lentamente, senza che me ne rendessi conto, si stava isolando dal mondo circostante.

Aveva cominciato a declinare inviti, e avevo pensato che fosse per concentrarsi meglio nello studio, poi però ha lasciato anche lo sport, e le uscite serali.

Io giustificavo tutto, accettando ogni sua decisione, convinta che fosse un problema di età.

Invece le cose andavano peggiorando.

Dopo le vacanze di Natale aveva iniziato a trovare scuse per non fare rientro a scuola, diceva di non sentirsi bene, di essere stanca e mai pronta per le interrogazioni.

Avevamo fatto controlli di salute, assunto vitamine e integratori, finché a un certo punto mi aveva detto chiaramente che non sarebbe più tornata a scuola, che il solo pensiero le faceva mancare il respiro e girare la testa.

Mi sono consumata nei colloqui con i professori, ho persino aspettato i suoi compagni fuori da scuola per chiedere se fosse successo qualcosa, ma anche loro non si capacitavano della decisione di Martina.

Martina non è più uscita di casa per sei lunghissimi mesi.

La psicologa veniva a casa per i colloqui, diceva di darle tempo che doveva elaborare qualcosa anche se nessuno di noi sapeva esattamente cosa.

Semplicemente sembrava assalita dalla fatica di vivere, di compiere qualunque gesto quotidiano.

Trascorreva le sue giornate in camera a leggere e a guardare la tv.

Venivano a trovarla i compagni di scuola, ma lei era silenziosa, e dopo un po’ smisero di venire pure loro.

Avevo chiesto un’aspettativa dal lavoro perché non me la sentivo di lasciarla sola, ma le giornate erano lunghe e inconcludenti e io non sapevo più che pesci pigliare.

Poi un pomeriggio è venuta a trovarmi una cara amica e le ho raccontato tutto, bisognosa di sfogarmi un po’.

“Cosa pensi di fare Magda?”

“Cosa vuoi che faccia? Aspetto”.

“Devi di nuovo iscriverla a scuola non può perdere un altro anno. Perché non provi con una scuola professionale? E’ meno impegnativa di un liceo, ma non per questo meno valida. Potresti provare a chiedere un colloquio con il preside, la iscrivi al primo anno e poi vedi come va”.

Mi sembrava di stare dentro una bolla di sapone.

“La sua vita deve andare avanti Magda, se lei non ha le forze, devi trovarle tu al posto suo.”

Luisa aveva ragione. Se Martina fosse stata malata fisicamente, mi sarei fatta in quattro per aiutarla. Invece rimanevo in attesa di un suo segnale di ripresa, caricandola forse, di una decisione che non era in grado di prendere.

Quella sera ho provato a parlarle e naturalmente è stato un no deciso.

“Non esco da questa casa hai capito? Non puoi costringermi!”

Ma qual è il bene per i nostri figli?

Avevo visto un’immagine postata da un’amica su fb nei giorni precedenti.

Rappresentava un fiore scontento perché bagnato dalla pioggia.

“Questo non è quello che volevo” diceva.

Poi nella vignetta successiva il fiore era rigoglioso e bellissimo e splendeva sotto i raggi del sole.

“Ma forse è quello di cui avevo bisogno” concludeva il fiore felice.

Forse riprendere la scuola non era quello che desiderava Martina ma era senza dubbio ciò di cui aveva bisogno.

Mio marito mi ha accompagnata e supportata durante il colloquio con il preside e con gli insegnanti che avrebbero seguito Martina. Non dimenticherò mai l’umanità che hanno dimostrato, ancora oggi mi dico che se mi avessero trattata diversamente, forse sarei ancora sul ciglio di quel precipizio.

Con loro abbiamo stabilito un piano di azione. Avrebbero cominciato con lezioni on line e in seguito con lezioni di qualche ora assieme a due o tre compagni, per cominciare a conoscerli.

Martina non era contenta, ma non le ho dato alternative.

Non è stato sempre facile, tante volte l’ho sentita piangere in camera sua.

Una volta mi ha chiesto cos’avesse di diverso dai suoi coetanei, per fare tanta fatica.

Che risposte può dare un genitore in questi casi?

Avrei tanto voluto dirle che non aveva niente di diverso, che era la figlia meravigliosa che ogni genitore avrebbe desiderato e che certe volte sono i pensieri che ci mandano in crisi, pensieri troppo grandi per una ragazza di sedici anni, pensieri che nemmeno una mamma può cacciare via.

“Nulla tesoro, andrà tutto bene, te lo prometto”.

A Giugno le hanno dato un debito in matematica. Gli insegnanti, al di là dei risultati di profitto, hanno voluto premiare l’impegno di Martina e al tempo stesso dandole un debito l’hanno considerata pari ai suoi compagni, senza sconti o scorciatoie, e io sarò grata loro per sempre di questo.

Si è fatta nuove amiche e ha ripreso a uscire la sera.

Sento dire tante cose sugli adolescenti di questa generazione, ma quelli che ho conosciuto io, hanno dimostrato un grande cuore e tanta maturità.

Ho molte cose di cui andare fiera.

Prima di tutto di mia figlia che si è fidata della sua famiglia, dei compagni, degli insegnanti e di se stessa.

Fiera di me e mio marito per non esserci persi di vista in tutto questo tempo.

Fiera di un sistema scolastico che sicuramente ha tanti difetti, ma quando è il momento, tira fuori un’umanità sorprendente .

“Mamma? Cosa fai lì impalata? Allora tutto bene?” mi ha chiesto preoccupata quando sono tornata alla macchina.

“Tutto bene amore” ho risposto soffocando la commozione.

“Allora sbrigati che mi hai promesso dei nuovi buchi alle orecchie e non vedo l’ora!”

La mia meravigliosa adolescente.

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