Il tesoro del campo

pubblicato su Confidenze n. 11 Marzo 2018

“Ma’, puoi dire tu due parole alla mamma di Matteo? Magari sei più convincente di me”.

“Si certo volentieri, dille di venire da me nel pomeriggio”.

Mio figlio Simone è un prete e Matteo è uno dei suoi ragazzi dell’oratorio che vorrebbe entrare in seminario, ma la sua mamma lo sta ostacolando in tutti i modi. Come avevo fatto io tanto tempo fa. Adesso che la mia vita è meravigliosa, che mio figlio è felice, tutto sembra a posto, ma non ho mai dimenticato i sensi di colpa che mi hanno tenuto compagnia a lungo.

Sono sempre stata un cattolica molto poco praticante, con una fede tiepida, dicevo di credere in Dio, ma tutto si fermava lì, qualche messa ogni tanto, giusto per farmi vedere in paese. Gestivo un minimarket che era la mia vita e ci tenevo a fare bella figura con i clienti.

Sono vedova da tanto di quel tempo che me lo sono dimenticata. Mio marito mi ha lasciato il negozio e mio figlio, il mio unico adorato Simone e la mia vita stava scivolando via così, sempre indaffarata e sempre preoccupata di non riuscire ad arrivare a fine mese. Simone è cresciuto in oratorio come tanti suoi compagni, ha fatto il chierichetto, e crescendo anche il catechista. Quando ha terminato gli studi di ragioneria, è partito per una vacanza in montagna con i ragazzi del catechismo e don Maurizio, un giovane coadiutore arrivato in parrocchia da poco. Al suo ritorno una sera Simone mi ha detto di voler entrare in seminario.

Mi è venuto quasi da ridere. Ho pensato a tutte quelle brave donne del paese che hanno figli, che puliscono la chiesa, fanno le catechiste, si impegnano nella Caritas e nelle missioni e chissà cosa darebbero per avere un figlio prete, un dono del Signore. Per me era soltanto una enorme fregatura, Mio figlio, il mio unico figlio rapito dalla chiesa.

Ho sbattuto via la testa per diverse settimane.

Non ho mai parlato così tanto con Dio in tutta la mia vita: perché proprio a me, cosa ti ho fatto, ti sei già preso mio marito, lasciaci in pace. Chi avrebbe rilevato il minimarket? Sono vedova, sono stanca, perché Dio mi chiede una prova così grande?

Ebbene io ho raccontato a Simone tutti i miei dubbi, le mie preoccupazioni, le mie paure. Lui mi aveva, faceva sì con la testa, sembrava il mio confessore. Non ha parlato per due giorni e alla fine mi ha detto che avrebbe rimandato la partenza, che ne aveva parlato con il coadiutore e non c’era fretta, che avevo ragione, non poteva lasciarmi sola in un momento così, sicuramente Gesù avrebbe aspettato.

Lo so, sono una persona orribile, ma abbiamo ripreso la nostra vita di sempre. Lui lavorava in negozio con me, usciva con gli amici, frequentava la parrocchia e pregava. Ogni mattina rifacendogli il letto trovavo la corona del rosario sotto il suo cuscino, il vangelo sul suo comodino, non perdeva mai la messa, ma soprattutto era bravissimo con i suoi ragazzi e le clienti del minimarket non si stancavano di elogiarlo. Io sorridevo e annuivo pensando di aver stroncato sul nascere la sua vocazione.

Poi correvo a sfogarmi con la mia amica Marina, l’unica alla quale avevo confessato tutto.

“Ilaria, lascialo andare, guarda che non gli è passata la vocazione, è un ragazzo serio cosa credi? Non era mica un capriccio il suo”.

E io zuccona a dire che il tempo avrebbe aggiustato le cose, avrebbe preso passione al minimarket e trovato una brava ragazza.

Perché noi genitori certe volte siamo così, cerchiamo giustificazioni al nostro operato, ci costruiamo alibi perfetti attorno ai nostri errori, ci convinciamo di aver fatto la cosa giusta per vivere in pace e senza rimorsi.

E intanto camminiamo calpestando i sogni dei nostri figli.

E’ trascorso quasi un anno e ho cominciato a sperare che le cose si fossero sistemate. E invece tutto doveva ancora accadere. Il Lunedì dell’Angelo Simone mi aveva detto che sarebbe andato a fare un gita con i suoi ragazzi. Gli ho preparato due panini, mi ha baciato sulla guancia e se ne è andato dicendomi di riposare un po’ che mi vedeva stanca.

E’ stato quel giorno che il Padreterno ha deciso di intervenire a modo suo.

Mi hanno chiamato dall’ospedale nel primo pomeriggio. Durante la camminata Simone è scivolato malamente lungo un dirupo. Mi hanno detto che ha fatto un volo di 8 metri nel vuoto e che avevano paura a recuperarlo perché convinti che fosse morto. Le operazioni di salvataggio sono durate quasi due ore. I medici continuavano a parlare di miracolo, anche se quando l’ho visto ho sentito male al cuore talmente era malconcio.

Il viso era una maschera di contusioni e lividi, una gamba rotta e qualche costola incrinata, ma era vivo. E’rimasto in ospedale per quasi un mese.

E’ stata la sera di quel giorno che prima di fare ritorno a casa, ho cercato la cappella dell’ospedale e sono entrata. Mi sono seduta davanti al crocefisso e l’ho guardato così a lungo che mi facevano male gli occhi.

Durante il viaggio in auto per raggiungere l’ospedale ho giurato che se Simone fosse sopravvissuto, l’avrei lasciato andare verso la sua vocazione. Adesso ero lì seduta ad aspettare di pagare il pegno e a domandarmi se fosse davvero la cosa giusta da fare. Ancora una volta il mio egoismo mi tentava come un demonio.

Ho sentito un rumore di passi, e ho visto il coadiutore, don Maurizio. Si è seduto accanto me in silenzio ad aspettare. Alla fine gliel’ho detto.

Lui ha taciuto ancora un momento e poi mi ha detto:

“Sei sicura che sia quello che vuole il Padreterno?”

L’ho guardato un po’sorpresa, ma lui pacatamente ha continuato.

“Non so perché ma qualcosa mi dice che lui volesse arrivare a te attraverso tuo figlio, Ilaria”.

Quel giorno non ho capito e c’è voluto tanto tempo prima che mi decidessi ad aprire il cuore per lasciar entrare quelle parole ed essere pronta a dare loro un significato.

Sono trascorso diversi anni da allora.

Simone è diventato prete, lavora nelle parrocchie, io ho venduto il minimarket e ho deciso di seguire ogni suo spostamento. Vado dove va lui, gli faccio un po’da perpetua, un po’da segretaria, un po’da donna di casa. Non credevo di poter essere felice , e invece ho una pace nel cuore che non baratterei per niente al mondo. Non lo credevo possibile, ma mi sono riavvicinata alla fede e ai sacramenti. Ho passato i sessanta da un pezzo, e ogni giorno mi stupisco di quante belle occasioni la vita è in grado di offrire, e capisco che tocca a noi saperle cogliere.

Stamattina a messa Simone ha letto una parabola che racconta del regno dei cieli e dice che è simile a un tesoro nascosto in un campo, un uomo lo trova, lo nasconde poi va’, vende tutti i suoi averi e compra quel campo, perché ha capito che niente vale più di quel tesoro.

Ecco , è un po’ la storia della mia vita, ho venduto tutto per stare accanto a mio figlio che ha scelto la più difficile e la più nobile delle strade e ogni giorno mi rende così fiera di essere sua madre.  

Ecco la mamma di Matteo è arrivata, devo raccontarle di un tesoro nascosto in un campo.

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