Il time-out è una sospensione del gioco che l’allenatore richiede quando capisce che i giocatori hanno bisogno di una pausa. Vengono date nuove disposizioni e poi il gioco riparte.
Mi è piaciuta questa espressione e oggi desidero farla mia, pensando al mio blog.
Un time-out si impone in questo momento della mia vita in cui faccio fatica a trovare il tempo, la concentrazione e le idee per scrivere.
Non voglio forzarmi ma non voglio abbandonare, quindi chiedo un time-out.
E per non lasciarvi senza la vostra occasione di mettervi comodamentesedute amiche mie, spero vi faccia piacere leggere qualche storia natalizia che avevo scritto per Confidenze.
Vi terrò compagnia per qualche settimana con l’augurio di accompagnarvi dentro la magia del Natale con la consueta serenità e il grande affetto che nutro per voi.
DONNE IN RINASCITA
pubblicato su Confidenze n. 52 Dicembre 2014
“Pronto Radio Amica, ciao chi sei?”
La domanda è sempre la stessa, curo questo programma da tre anni, ogni sera dalle 22 alle 24, e il mio lavoro è quello di mettermi in ascolto delle telefonate che giungono qui in radio.
Non avete idea di quanto la notte sveli la fragilità delle persone e le renda vulnerabili, e non avete idea di quanto siano sole, e di quanto desiderino raccontare le loro storie, a volte assurde, inverosimili, altre volte dolorose, pesanti, impregnate di quella infinita tristezza che ti rimane attaccata alla pelle.
C’è un solo grande bisogno dell’animo umano, ed è quello di essere ascoltati.
Amo questo lavoro, ma ho dovuto darmi delle regole, altrimenti non ce l’avrei fatta in questi anni a sostenere il peso di certe confessioni.
Le prima settimane andavo a casa e non dormivo la notte ripensando al dolore della gente, alle loro fatiche, alle loro difficoltà quotidiane.
L’impotenza che sentivo, l’incapacità assoluta di poterli aiutare, mi gettava in uno stato di sconforto indescrivibile.
Piano piano ci ho fatto l’abitudine e anche se è sbagliato dire che ti abitui al dolore delle persone, diciamo che sono riuscito a creare una sorta di barriera che mi impedisce di essere troppo empatico.
Ogni sera mi metto in ascolto di un pezzetto di umanità che probabilmente non incontrerò mai di persona, ma che nonostante questo, o forse proprio per questo, mi sceglie per confidarsi.
E stasera, in particolare, che è la notte di Natale, anziché starmene in famiglia o con gli amici a brindare e aprire regali, io sono qui, seduto alla mia postazione, a raccogliere le telefonate di chi cerca compagnia.
“Pronto Radio Amica, ciao chi sei?”
“Pronto, sono Carmen, ciao Marco”.
Carmen è una nonna che non vedrà i suoi amati nipotini per Natale, perché suo figlio e sua nuora si stanno separando e hanno troppi rancori da aggiustare.
“Sarà un Natale tristissimo, e quindi voglio dire auguri a tutte le nonne che come me si trovano in questa situazione: continuiamo a sperare perché sono certa che alla fine l’amore basterà per ogni cosa”.
Grazie Carmen, hai ragione, quando c’è l’amore, quando non viene soffocato dal grigiore della vita, c’è sempre una via d’uscita.
“Pronto Radio Amica, ciao chi sei?”
“Sono Angelica, ciao”
“Ciao Angelica come stai?”
Angelica ha perso sua madre due settimane fa, a causa di una brutta malattia che se l’è portata via in poco tempo. Respiro la solitudine attraverso la sua voce.
I suoi auguri vanno a chi ha perduto persone care e cerca una ragione per andare avanti.
Coraggio Angelica.
Perdere persone care fa veramente male e non ci sono parole da dire, solo il tempo può dare una mano a rendere il vivere più tollerabile.
Bevo un sorso d’acqua e vado avanti con le telefonate, consapevole che non sarà una notte semplice.
“Pronto Radio Amica ciao chi sei?”
“Mi chiamo Luce e…sono stanca di vivere”.
Il cuore fa una capriola.
Com’è possibile ricevere una telefonata la notte di Natale da una ragazza che si chiama Luce e pensare di rimanere indifferenti?
Il tono della voce è appena percepibile: la voce di un cuore spezzato, il respiro pieno zeppo di lacrime.
“Ciao Luce io sono Marco, hai voglia di raccontarmi la tua storia?”
Dopo cinque anni il suo ragazzo l’ha lasciata per mettersi con la sua migliore amica.
Può esistere una storia più misera di questa?
Semplicemente quella che lei credeva fosse la sua persona, l’amore della sua vita, ora non c’è più, così come non c’è più la sua migliore amica con la quale piangere e disperarsi.
Quanto fai sul serio Luce?
Quanto mi devo preoccupare?
“Luce, quanti anni hai? Parlami un po’di te, vuoi?”
Ma Luce non ha chiamato per parlare, ha chiamato perché una voce spezzasse il silenzio che la stava soffocando.
Che diamine posso mai raccontare a una ragazza che non vede una ragione per continuare a vivere?
Posso forse dirle che se si è innamorata di un deficiente, può senz’altro stare certa che prima o poi ne troverà uno migliore?
Quante parole inutili si possono buttare fuori in pochi istanti, consapevoli che finiranno nel vuoto della memoria di chi è in ascolto?
Mi sento inadeguato di fronte a questo dolore.
Stasera il fardello di umanità che sto raccogliendo è davvero troppo pesante anche per me. Dalla regia mi chiedono se voglio fare uno stacco pubblicitario, ma ho paura di perdere la linea e non ho ancora capito quali siano le intenzioni di Luce.
“Luce, non permettere a un uomo di rovinarti la vita” altro giro, altra corsa di frasi fatte e inutili.
“Tu non puoi capire, nessuno può capire”.
Ha ragione, bisogna passare attraverso le esperienze per capire cosa si prova e io credo di non aver mai amato nessuno come ha amato lei.
Cosa si aspetta che io le dica?
Mentre penso a queste parole, mi fanno cenno dalla regia, che c’è una ragazza in linea che vuole parlare con Luce.
E’ la prima volta che mettiamo in comunicazione due ascoltatori, ma sento di fare la cosa giusta.
Ha una voce dolcissima, si chiama Rachele e un mese fa suo marito l’ha lasciata per un’altra. Erano sposati da nemmeno un anno.
“Luce, le cose brutte succedono, e non ti nascondo che anch’io ho pensato di morire, ma ti giuro che se ti dai un mese di tempo, sentirai il respiro tornare regolare e alzarsi la mattina farà ogni giorno un po’ meno male”.
“Non lo so, non credo di poterci riuscire” la voce di Luce è un sussurro, ma so che Rachele non ha ancora finito.
“Luce, sai perché ti ho chiamato? Perché quando stavo male come te, un’amica mi ha dedicato delle parole bellissime, di Jack Folla.
Le ho lette e rilette ogni giorno fino a impararle a memoria, fino a incollarle nel cuore. Sai cosa dicevano?”
Mi viene la pelle d’oca. Jack Folla era un DJ proprio come me, con la differenza che viveva rinchiuso nel “braccio della morte”.
“Diceva che una donna in rinascita è la più grande meraviglia per chi la incontra e per se stessa.
E’ la primavera a novembre, quando meno te l’aspetti.
Arriva un momento che guardiamo giù e abbiamo i piedi nel cemento, Luce.
E piangiamo, Dio quanto piangiamo.
E scaviamo con la ruspa dentro la nostra storia fino a fare saltar fuori migliaia di tasselli, un bandolo inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto, lo sai?
E ‘in quel preciso istante che comincia la nostra rinascita.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Rachele tace e solo in quel momento mi rendo conto di aver trattenuto il respiro.
Luce sta piangendo senza ritegno, le linee del centralino esplodono e la voce calma di Rachele la consola.
Quando saluto entrambe mi pare che la solidarietà tra queste donne stasera sia stata così tangibile, da poterla toccare con mano.
Penso per un momento al lavoro che faccio, alla fatica di raccogliere ogni giorno le preoccupazione del mondo intero e mi dico che alle volte abbiamo bisogno di qualcuno che prenda il nostro posto anche solo un momento, che ci permetta di ripigliarci e andare avanti.
Stasera come non mai mi sento inadeguato, ma al tempo stesso fiducioso, perché so che dove non arriverò io, ci sarà sempre una Rachele capace di trovare le parole giuste e venirmi incontro, ci sarà sempre una donna in rinascita.
Il rintocco delle campane di una chiesa non distante mi dice che è di nuovo Natale.
Mi tolgo le cuffie e mi preparo a celebrarlo, con una nuova consapevolezza nel cuore.