pubblicato su Confidenze n. 13 Marzo 2008
Dedicato a quei genitori che fanno fatica a lasciar andare i propri figli,
ad accettare che intraprendano strade diverse da quelle che avevano sognato per loro.
Alla fine la strada dell’amore, è l’unica percorribile, se non vogliamo perderli.
“Congratulazioni signorina Valenti”.
Laureata con 110 e lode. Guardo mia figlia raggiante di gioia stringere la mano ai relatori, poi si volta e cerca il mio sguardo.
Non ce la faccio a parlare sono troppo emozionato. Mia figlia laureata.
Chi dice che un uomo non possa commuoversi probabilmente non ha mai avuto figli.
Quando diventi padre, tutta la vita assume un altro significato, cambia il modo di vedere le cose, provi sentimenti che ti travolgono come un fiume in piena e ti domandi in quale parte del corpo o del cuore siano rimasti sopiti fino a quel momento.
Serena ci ha regalato moltissime soddisfazioni.
Una bimba buona, solare, allegra, la migliore a scuola e nello sport.
Gli anni turbolenti dell’adolescenza sono passati via veloci, si è inserita nel gruppo dell’oratorio dedicandosi ai bambini, la sua passione. Dopo le scuole superiori si è iscritta alla facoltà di economia e commercio, per garantire un futuro alla piccola azienda che ho ereditato da mio padre, ha lavorato spesso al mio fianco in questi anni per cominciare a conoscere un po’ il mio mestiere e i miei dipendenti si sono subito innamorati di lei.
E oggi finalmente il grande giorno.
Guardo mia moglie seduta di fianco a me, anche lei è contenta, glielo leggo negli occhi, ora che Serena è pronta ad affiancarmi, ho intenzione di dedicarle più tempo, magari fare quel viaggio che stiamo rimandando da una vita.
“Papà!”
La vedo venirmi incontro, splendida nel suo abitino azzurro, un filo di trucco e i soffici capelli biondi che le incorniciano il volto.
“Tesoro sei stata semplicemente perfetta!” l’abbraccio con entusiasmo.
Andiamo a pranzo nel suo ristorante preferito, a tavola parliamo un po’ di tutto, ma ad un certo punto io non resisto e nonostante la promessa fatta a mia moglie di non parlare di lavoro, guardo Serena e le chiedo: “Allora piccola, sei pronta ad assumere la dirigenza dell’ azienda del tuo vecchio?”
“Ecco, veramente se non vi dispiace mi piacerebbe fare un viaggetto, prendermi un po’ di tempo insomma”.
“Ma certo tesoro, prenditi pure tutto il tempo che ti serve” le rispondo dandomi dello stupido per non averci pensato prima “cos’hai in mente? Un bel viaggio in Europa?”
“Ecco, io vorrei andare ad Assisi”.
Guardo mia moglie perplesso, ma capisco che anche lei non si aspettava una simile risposta.
“Assisi? È una bella cittadina tesoro, come mai vuoi andare proprio lì? C’è qualcuno che conosci?” riesce alla fine a domandare mia moglie.
“In realtà ho qualche amico, ma non ci vado per quello. Voglio prendermi del tempo per riflettere, per capire cosa voglio veramente”.
La risposta di mia figlia non mi lascia tranquillo, e la sera ne parlo con mia moglie.
“Che significa che vuole capire cosa fare della sua vita, secondo te?”
“Significa che vuole avere le idee chiare, fare delle scelte giuste, cosa ne sai, magari è innamorata e ha bisogno di tempo per capire se ha davvero trovato la persona giusta” risponde paziente.
“Stupidaggini! Sono anni che aspetto di vederla seduta al mio fianco, a prendere in mano le redini dell’azienda. Ho quasi 60 anni e vorrei cominciare a pensare un po’ di più a noi stessi, non voglio lavorare fino alla morte”.
“Perché intanto non cominci a fidarti un po’ di più di Alessio che lavora per te da quasi due anni ed è un bravo ragazzo?”
“Stai scherzando? La mia azienda nelle mani di uno sconosciuto? Non se ne parla proprio. Se ha bisogno di andare ad Assisi che ci vada, ho aspettato finora posso aspettare ancora qualche settimana”.
Serena è partita. La casa si è fatta improvvisamente silenziosa. In ufficio tutti mi chiedono di lei, perché sono quasi due settimane che se ne è andata e io mi domando che cosa avrà mai trovato di interessante da visitare ad Assisi per starsene via tutto questo tempo.
“Torna domani mattina” dice mia moglie vedendomi silenzioso.
Di colpo alzo lo sguardo.
“Come sarebbe a dire domani mattina? Perché non me l’hai detto subito? Vado a prenderla in stazione”.
“Non è necessario, vai in ufficio e ti aspettiamo per pranzo ok?”
La mattinata sembra interminabile.
A mezzogiorno torno a casa emozionato come un ragazzino.
Parcheggio l’auto nel vialetto e lei è lì, ad aspettarmi, ancora più bella di quando l’ho vista l’ultima volta.
“Come stai principessa? Tutto bene ad Assisi?”
“Benissimo papà, vieni dentro, la mamma ha preparato un sacco di cose buone”.
A pranzo è ciarliera come sempre, non smette di chiacchierare un momento, ma quando le propongo di venire con me in ufficio nel pomeriggio, si fa di colpo silenziosa.
“Papà, mamma, vi devo parlare”.
Sento un prurito dietro il collo e qualcosa mi dice che non si tratta di niente di buono.
“Io ho deciso di farmi suora”.
Il mio cuore perde un battito e per un istante ho pensato ad un infarto. Lo sgomento lascia in fretta posto alla rabbia e all’incredulità.
“Serena di cosa diamine stai parlando?” domando con un filo di voce.
“Papà mi dispiace moltissimo, lo so che avrei dovuto parlartene prima, ma avevo tanta confusione dentro di me, non riuscivo a capire cosa volesse dirmi il Signore, ero spaventata, per questo sono andata ad Assisi, per prendere tempo e riflettere bene…”
“Parlarmene prima? Prima di cosa, prima dell’università? Prima del diploma, prima che tu venissi al mondo maledizione?”
“Luigi per favore cerca di calmarti” interviene Silvia visibilmente scossa.
Serena mi guarda spaventata, ma non fa una piega.
“Senti, non so chi ti abbia messo in testa questa idea balorda di farti suora, ma ti posso garantire che farò di tutto per impedirti di commettere una simile sciocchezza. Tu non sei una ragazza qualsiasi, sei la mia unica figlia, io ho una azienda da mandare avanti e sono anni che aspetto che tu prenda il mio posto”.
“Ho paura che dovrai trovare qualcun altro papà” risponde alla fine tranquilla.
Non avevo mai visto mia figlia così determinata fino a questo momento e non so nemmeno come comportarmi a dire la verità. Si alza e mi viene vicino, ha gli occhi pieni di lacrime e io sento un nodo in gola che ho paura mi soffochi.
“Papà, ci ho pensato tanto, credimi, ho pregato per giorni e notti intere cercando di capire cosa fare della mia vita. Non credere che sia facile lasciare te e la mamma, ma ormai ho preso la mia decisione e non tornerò indietro. E se tu davvero vuoi la mia felicità, devi lasciarmi andare”.
Mi bacia delicatamente e poi se ne va in camera sua, lasciandomi solo con mia moglie, pallida e silenziosa.
“Non ce la faccio Silvia, non mi rassegnerò mai a perderla in questo modo”.
Non le do nemmeno il tempo di parlare. Salgo in auto e torno in ufficio, consapevole che non combinerò niente, ma almeno lontano da una realtà che mi spezza il cuore. Quando rientro la sera è già buio.
Ma Silvia mi sta aspettando alzata, come temevo.
“Non ti servirà a niente assumere questo atteggiamento, soprattutto con me, che ti conosco da trent’anni e so benissimo come ti senti” risponde pacata.
“E tu? Perché tu non ti senti così invece? Possibile che tu non sia indignata da questa decisione folle di farsi suora? E’ la nostra unica figlia, non le permetterò di buttare via la sua vita chiudendosi in un convento, è una bellissima ragazza, le abbiamo dato un’istruzione, ha un futuro brillante davanti a sé, non ti fa impazzire tutto questo?”
Silvia si toglie lentamente gli occhiali da lettura, mi guarda con tenerezza e sorride.
“Avrebbe potuto dirci cose ben più terribili. Che era malata di cancro ad esempio”.
“Silvia ti prego!”
“Lo so che è assurdo anche solo pensarle certe cose, ma mi sono aggrappata anche a questo per accettare la realtà. Luigi ascolta, le abbiamo dato un’educazione cristiana, è cresciuta in oratorio, ha sempre fatto volontariato e noi eravamo orgogliosi di lei. Adesso che vuole fare di tutto questo una scelta di vita, noi le mettiamo i bastoni tra le ruote, spiegami con quale diritto Luigi”.
Lo so che Silvia ha ragione, siamo credenti e praticanti e io dovrei essere felice per lei, ma accidenti, una cosa è la messa domenicale, un’altra vedere la propria figlia sacrificare la sua vita nascosta dentro una tonaca grigia. E soprattutto vedermi negato il mio diritto sacrosanto di avere dei nipotini. Al solo pensiero mi vengono le lacrime agli occhi. No, non posso credere che Dio desideri questo per mia figlia.
“Sono stanco, domattina devo alzarmi presto, buonanotte”.
La sto deludendo lo so, ma sono troppo arrabbiato.
La mattina a colazione nessuno parla. Serena è pallida e silenziosa, mia moglie finge di essere indaffarata in cucina. Bevo un caffè e mi infilo in auto, non ho voglia di altre discussioni. Lungo il tragitto, mentre rimugino nei miei pensieri, non mi accorgo nemmeno che c’è traffico e sono fermo da un bel pezzo proprio vicino alla chiesa.
Colto da un pensiero improvviso svolto e parcheggio. Entro in chiesa, e non so nemmeno io perché.
Don Angelo sta sistemando le candele, mi sorride e mi fa cenno di raggiungerlo.
E’ il parroco anziano, ha quasi 85 anni mi ha visto crescere, mi ha sposato e ha battezzato Serena.
“Ciao Luigi come va? Ti aspettavo sai?” mi sorride stringendomi la mano.
“Potrebbe andare meglio don Angelo, immagino che abbia saputo della decisione di Serena”
“Si, facciamo due passi ti spiace?”
“Guardi perde il suo tempo perché sono convinto che Serena stia per commettere una grossa sciocchezza”.
“No, no, per carità, devo solo mostrarti una cosa”.
Mi accompagna nella sacrestia polverosa che odora di incenso, prende una vecchia cartelletta di finta pelle marrone, la apre e tira fuori un foglio ingiallito.
“Leggi” mi dice.
Io lo guardo senza capire, poi rassegnato inforco gli occhiali e comincio a leggere.
“Caro don Angelo, sono Luigi il tuo chierichetto. Stamattina nella predica tu hai spiegato che Gesù ha detto – chiedete e vi sarà dato – ma ti scrivo questa lettere per dirti che per me non è stato così. Ti ricordi che ti avevo confessato il mio desiderio di farmi prete? Ecco oggi l’ho detto a mamma e papà e in casa è successo il putiferio. Mamma piangeva disperata dicendo che le stavo spezzando il cuore, papà mi ha fatto una predica (più lunga di quelle che fai tu giuro) per dirmi che dovrò mandare avanti l’azienda quando lui sarà vecchio e stanco, che il Signore potrà chiamarne altri di ragazzi a fare il prete, ma io proprio non posso. Allora ho deciso che non diventerò prete, ma è tutto il giorno che ho voglia di piangere e mi chiedo come mai, pur obbedendo ai miei genitori come tu dici sempre di fare, non mi sento per niente felice. Tuo Luigi”
“Che significa tutto questo?” domando sempre più confuso.
“Possibile che non ricordi nulla? Sono passati tanti anni lo so, eppure certe cose non dovresti averle dimenticate. Questa lettera me l’hai scritta tu Luigi, quando avevi tredici anni”.
D’un tratto è come se qualcuno avesse spalancato una porta dentro la mia mente. Avevo completamente rimosso questo desiderio di farmi prete e invece ora ricordo benissimo che facevo il chierichetto e guardavo don Angelo allora giovane sacerdote, con ammirazione e invidia. Come aveva potuto mio padre farmi questo? E io che razza di padre voglio essere per mia figlia?
“Comunque sia andata sei soddisfatto della tue scelte, di aver sposato Silvia e di essere diventato padre ma non è di questo che stiamo parlando. Io ti sto chiedendo fino a dove sei disposto a spingerti per cambiare il destino di tua figlia? Desideri davvero poter entrare nel suo cuore, indagare nei suoi pensieri, modificarne il corso, convincerla a fare scelte diverse da quelle in cui lei crede?”
“Non lo so don Angelo, non lo so più quello che voglio, anzi sì lo so, voglio che mia figlia sia felice, nient’altro” rispondo con il cuore pesante.
“Allora fai un passo indietro, Luigi e lasciala andare, non commettere gli stessi sbagli di tuo padre”.
Uscendo di chiesa mi sento stranamente sollevato. Suona il cellulare, è Alessio, il mio dipendente.
“No, non torno in ufficio, ci pensi lei oggi Alessio, sì certo che è in grado, dopotutto se vuole fare carriera dovrà cominciare prima o poi a prendersi qualche responsabilità in più non crede?”
Entro in casa e le sento chiacchierare al piano di sopra. Allora salgo di corsa le scale per raggiungerle. Sono sedute sul letto sembrano due sorelle e io penso che tutto il mio mondo sta qui, rinchiuso in questa stanza. Guardo mia figlia che si prepara a dare una svolta importante alla sua vita, a fare una scelta che richiede coraggio e anche un po’ di sofferenza forse, ma non posso fare a meno di essere orgoglioso per ciò che ha scelto.
E poi c’è Silvia, mia moglie, l’amore della mia vita.
Se non ci fosse lei non ce la farei davvero a superare tutto questo, ma la sua forza, ancora una volta, basterà per tutti e due.
“Papà sei tornato”
Eccola qui la mia principessa, che vola tra le mie braccia.
Il suo profumo di vaniglia scatena ricordi dolorosi e felici al tempo stesso.
“Va tutto bene, tesoro, sono orgoglioso di te” le sussurro tra i capelli.
“Oh papà non sarebbe stata la stessa cosa se tu non avessi accettato la mia scelta”.
“Ho soltanto avuto tanta paura di perderti e ti chiedo perdono”.
“Non mi perderai mai papà, te lo prometto”.
Silvia ha le lacrime agli occhi, si avvicina ad entrambi unendosi al nostro abbraccio. Mi tornano alla mente le parole di una preghiera che Silvia tiene appesa in cucina:
“E’ fatica crescere un figlio, ma se scegli di percorrere la strada dell’amore, difficilmente commetterai errori”.
Voglio credere che anche per noi sarà così.
Ciao Giovanna, ti sembrerà strano ma c’è un filo di spiritualità che ci tiene vicine!! Ho letto il tuo articolo:” la strada dell’amore”, che hai pubblicato questa mattina e due cose mi sono balzate nel cuore. Innanzitutto questo racconto l’ hai scritto nel 2008 che è l’ anno in cui mio figlio Tommaso è diventato prete dopo aver compiuto tutto il percorso in seminario iniziato che aveva soli 14 anni e dopo 10 anni è diventato sacerdote. Un percorso lungo ma molto intenso e coinvolgente anche per noi genitori , tanti incontri in seminario di cammino spirituale , tanti accompagnamenti alla domenica sera quando doveva rientrare. Tanti momenti di festa , a volte, non nego, lacrime di entrambi soprattutto nei rientri del primo anno. Fin da piccolo lui ci faceva domande su cosa volesse dire farsi preti o suore e cosa ne avrebbero pensato i genitori, perché qualcuno poteva essere contrario. Ricordo di avergli fatto l’ esempio di quei genitori proprietari di qualche ditta( proprio come nel tuo racconto) che magari puntavano proprio sulla possibilità da parte dei figli di proseguire le orme dei genitori. Lo tranquillizzavo dicendogli che non era il nostro caso e che per noi l’ importante era che fosse una scelta maturata nel tempo e che recasse la gioia e la felicità della sua vita. Così è stato e anno dopo anno la sua scelta si è consolidata fino ad esprimersi nel suo sacerdozio. Tanta gioia davvero e tanta ricchezza nei nostri cuori e in famiglia per questo dono straordinario. E ora proprio domenica ha annunciato alla sua comunità che dopo 10 anni di vita con loro, a settembre avrebbe lasciato quest’ incarico per partire per il Perù come prete missionario. Ancora una volta abbiamo come famiglia condiviso questo suo progetto/ desiderio di mettersi a servizio dei più poveri. Una dimensione maturata in questi anni dopo diverse esperienze in altri paesi del mondo e ora mi sembra , come mamma, di vivere questa sua scelta come una nuova immersione nella sua vocazione. Se posso usare quest’ immagine mi sembra che il signore gli chieda di togliersi i sandali per poter toccare la terra nuda. C’è tanta emozione in me perché ancora una volta devo lasciarlo andare verso una meta ricca di tanta umanità e bisogno concreto affidando il suo cammino al Padre che lo guiderà con cura amorevole e premurosa.
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Betta cara, grazie. Quanto coraggio, quanta forza, quanto amore dentro questa testimonianza. Averla condivisa nel mio blog è stato davvero un grande dono. Ti abbraccio forte.
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